(IL MONITORE - settembre-ottobre 2003 - Pubblicato col titolo: "Blackout energetico")
Il black-out dello scorso agosto, che ha tenuto al buio per oltre due giorni una bella fetta di Stati Uniti e Canada, facendoli ripiombare di colpo all’epoca dei pionieri, ha risvegliato a casa nostra il dibattito, del resto mai sopito, sulle fonti energetiche. Da quando uno sciagurato referendum dell’ormai lontano 1987, abilmente orchestrato dal governo dell’epoca, decretò a larga maggioranza la fine del nucleare, l’Italia è perennemente in debito di energia (e di soldi, tanti soldi, che servono per acquistarla all’estero). Per avere un’idea dell’entità di questo debito, basti pensare che, con un totale di ben 257 miliardi di kilowatt/ora annui, siamo al quarto posto nella classifica dei paesi importatori di elettricità, secondi solo a colossi come Stati Uniti, Gran Bretagna e Brasile. Il nostro principale fornitore, la Francia, è invece il terzo esportatore mondiale e, per ironia della sorte, produce l’elettricità che ci vende a caro prezzo in centrali nucleari ubicate a pochi chilometri dai nostri confini. Evidentemente, a differenza del nostro, il governo francese in carica all’epoca del disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986, non ritenne opportuno cavalcare la comoda tigre dell’ambientalismo a tutti i costi, come invece da noi il governo di centro-sinistra, che fece leva sui timori e sull’ignoranza dell’uomo della strada per cancellare con un referendum la nostra nascente industria nucleare. Dai tempi della morte di Enrico Mattei, che tanto fece per affrancare il paese dalla dipendenza energetica, si ha la sensazione che oscuri interessi si muovano per fare in modo che l’Italia non riesca a soddisfare autonomamente i suoi crescenti bisogni di energia. All’epoca fu necessario che un aereo cadesse, in circostanze mai del tutto chiarite; nel 1987 fu invece sufficiente usare una tecnica più raffinata, sfruttando la fortunata opportunità della catastrofe nucleare russa. Bastò infatti instillare nel volgo, tanto più attento alla sua miserabile vita quanto più essa è senza valore, che l’energia atomica fosse intrinsecamente pericolosa (non fu proprio questa che uccise tanta gente a Hiroshima e Nagasaki?), trascurando il fatto fin troppo evidente che il pericolo e il conseguente disastro erano stati diretta conseguenza della trascuratezza e della sciatteria innate del “paradiso sovietico”. E gli ambientalisti, purtroppo non avvezzi ad un uso corretto e indipendente del proprio cervello, si fecero utili strumenti di una propaganda che avrebbe consegnato la nazione al degrado economico, all’inquinamento permanente da petrolio e carbone (vedi i tanti incidenti, con annesso disastro ecologico, delle petroliere-carretta che riforniscono le “sicure” centrali tradizionali dell’ENEL), all’aumento progressivo dell’effetto serra e così via. Con la trionfale vittoria del referendum antinucleare (l’87% dei votanti si pronunciò per il no) gli oscuri interessi di cui sopra costrinsero ciascuno di noi a firmare delle cambiali che continueremo a pagare almeno fino al 2021, anno in cui si prevede saranno smantellate completamente e saranno smaltiti i resti radioattivi delle nostre centrali atomiche spente oltre un decennio fa. Cambiali, il cui importo totale è stimato in più di undici miliardi di euro e che ovviamente non hanno mancato di arricchire i soliti “raccomandati” che riescono a sfruttare tutti i “business” che scaturiscono dalle necessità contingenti di un programma di riconversione (o dovremmo dire di involuzione?) come quello scatenato dal suddetto referendum. Il tutto ovviamente in perfetto stile bipartisan, perché se la pecunia “non olet”, non ha nemmeno colore politico. Oggi che le centrali nucleari sono molto più sicure che in passato (è solo questione di costi di investimento), che le fonti energetiche tradizionali hanno rivelato in pieno la loro precarietà e la loro intrinseca pericolosità, che la coscienza dei cittadini è più sveglia e responsabile, non sarebbe il caso di rivedere una decisione che tanti danni ha portato (e ancora porterà) al paese? Facendo una volta tanto non più gli interessi di tenebrose lobby internazionali, che vorrebbero ricacciarci in pieno medio evo, ma finalmente quelli, sacrosanti, del popolo italiano.