Durante le feste di Natale 1996 i napoletani possono godere la vista di una nuova “opera d’arte” nella piazza ormai dedicata ai fasti del Sindaco Bassolino. Questa volta si tratta di una specie di cometa al gas, corredata di annesso “Quatt’ ‘e maggie” dello scultore greco Kounellis.
Caro Direttore,
finalmente le feste di Natale sono finite. Anche quest’anno, nonostante la crisi, è stata dura per la nostra povera linea perduta (parlo per me, naturalmente!). Oltre a mangiare però, ho impiegato un po' del tempo libero per ripercorrere le strade ed i vicoli della nostra bella città.
Come al solito ho iniziato da piazza Plebiscito, l'antico Foro Bonaparte, che, essendo zona pedonale, trascuro sempre nei giorni di lavoro per privilegiare invece nei giorni di vacanza.
Guardando il Palazzo Reale e la parata di statue che ne adornano la facciata, penso a come Napoli abbia imparato dalla sua storia travagliata a tenersi al di sopra di tutti i re ed i potenti venuti da fuori con la pretesa di governarla. Ecco lì il re Ruggero venuto dalla Normandia, l'aragonese Alfonso, l'angioino Carlo e via via fino al piemontese Vittorio Emanuele; nemmeno uno napoletano, ma tutti bene o male conquistati e stregati da Napoli, questa città, questa capitale che pensavano di avere in pugno, ma che invece li ha visti sorgere e tramontare con l' indifferenza di una grande dama, della stessa sirena Partenope.
E adesso abbiamo il re Antonio da Afragola, che in fondo non è poi tanto malvagio. Infatti - lo abbiamo capito tutti - egli non ha la pretesa di governarci, vuole solo fare qualche bella figura a buon mercato, tanto, per risolvere i problemi di Napoli ci vuol ben altro; e lui lo sa. Inoltre il nostro attuale re ha tutte le carte in mano per avere buon gioco in questa partita: la televisione e la stampa di regime sono tutte per lui, così come i vari tromboni e opinionisti e servi sciocchi del regime. Non oso immaginare che cosa succederebbe se al posto di Bassolino ci fosse la Mussolini, e se questa si limitasse ad organizzare feste a piazza Plebiscito o a inaugurare mostre e musei, lasciando invece che i napoletani vadano pure al diavolo tutti i santi giorni, con i soliti problemi cui purtroppo sono atavicamente abituati. Inutile arrabbiarsi per questo, alla malafede purtroppo siamo avvezzi da tempo: abbiamo semplicemente un nemico in più da combattere; e questo ci fa onore.
Ma proseguiamo la passeggiata! Volto le spalle al Palazzo Reale e guardo verso la bella basilica di San Francesco di Paola, malizioso ex-voto di Ferdinando IV che volle così rompere la continuità del colonnato del povero Giaocchino Murat. Per fortuna la vista è libera: non c' è la Montagna di Sale dell 'anno scorso, con i suoi cavalli sepolti a testa in giù, audace opera dello scultore Palladino che non piacque a molti e, devo dire, nemmeno al Padre Eterno, che si preoccupò di inviare molti robusti temporali per sciogliere la bruttura, che poi gli incaricati comunali si affannavano a ripristinare con camionate di sale di Sicilia D.O.C.
La vista è libera, ma il colonnato appare deturpato da impalcature arrugginite. Lavori urgenti, forse? E perché ridursi proprio a Natale, con tutti i turisti che hanno fatto il tutto esaurito negli alberghi cittadini? Inoltre quasi in mezzo alla piazza c'è una lamiera di ferro, anch'esso arrugginito, appoggiata di taglio sul bel selciato borbonico e sorretta da paletti. Avvicinandomi, scopro che la lamiera è percorsa da tubi di rame, mentre dietro di essa due operai in tuta blu si affannano con chiavi inglesi in mezzo ad un groviglio di tubi e bombole di gas. Chiedo e mi rispondono: "Ma come, non lo sa? Questa è la scultura di quel grande artista greco; come si chiama? E stasera riusciremo pure ad accenderla.". A queste parole ho come un'illuminazione: ma certo! Sono di fronte all'opera del grande Kounellis, che deve emulare quest'anno il Palladino dell'anno scorso, con la cometa al gas, le impalcature arrugginite sulle colonne e gli armadi tarlati appesi pericolosamente sotto il porticato. Vedo due vigili urbani nelle vicinanze e, un po' per celia un po' per trovare conforto e solidarietà al mio orrore, chiedo di che cosa si tratti. La risposta è laconica: "È la scultura di quel greco…”, ma lo sguardo smarrito è eloquente, simile forse a quello di un brav'uomo che vedesse la figlia uscire con i capelli tinti di arancione e la minigonna a rete trasparente.
A questo punto, Direttore, permettimi di rivolgere la solita domanda al nostro Sindaco. Bassolino, ma è mai possibile che questa gente debba venire qui a prenderci in giro, a trattarci come cafoni? Noi, che siamo i cittadini di una delle prime capitali europee, di un centro di cultura apprezzato ed amato in tutto il mondo, prestigiosa al pari di altri capitali come Londra e Parigi? Ricordiamoci che solo cent'anni di rapine perpetrate dai colonizzatori del nord hanno potuto ridurci nello stato attuale; altro che assistenzialismo e parassitismo di cui i ceffi leghisti vanno cianciando! E allora non vedo perché dobbiamo prenderci gli scarti culturali di Roma e di altri paesi: non è vero che l'arte moderna deve essere per forza anticonformista e sconvolgente. Così rischiamo di ritornare alla "merda d'artista" di una remota edizione della Biennale di Venezia e francamente Napoli non ne ha bisogno. Ma per chiudere la questione mi sembra lapidaria la frase di un napoletano di fronte agli armadi appesi: "Me pare 'o quatt’ ‘e maggie!” Che per fortuna dura poco, aggiungo io.
Lascio piazza Plebiscito e mi avvio verso il Gesù Nuovo con l'intenzione di spingermi fino alle bancarelle dei pastori a San Gregorio Armeno, nel cuore più antico e profondo della nostra città. Superata piazza del Gesù, mi inoltro in via Benedetto Croce verso San Domenico Maggiore. La via è pedonalizzata, e questa è un'ottima cosa, ma lungo i muri dei vecchi palazzi, sul selciato, sul bordo del campanile di Santa Chiara è tutto un pullulare di banchetti, tappetini ricoperti di chincaglieria, suonatori ambulanti dai capelli lunghi e dai vistosi orecchini, insomma tutta la paccottiglia e la scopiazzatura di Portobello Road, che da trent'anni infesta le nostre strade in nome di una finta libertà e di una falsa estremistica democrazia. Arrivo finalmente a San Biagio dei Librai, presso la statua del Nilo, il cosiddetto Corpo di Napoli, e mi guardo intorno. Le bancarelle di presepi e pastori ci sono, ma sono molto meno dell'anno scorso. Certo le botteghe di San Gregorio Armeno sono tutte aperte, ma i piccoli venditori, quelli che a volte esponevano un solo grande ingenuo presepe da completare o da comprare già bello e fatto, non ci sono più, o almeno sono più nascosti, quasi si vergognassero di commettere qualcosa di riprovevole. E pensare che i venditori di sigarette di contrabbando e di dosi di droga ostentano con tracotanza i loro "bancarielli" ad ogni angolo di strada.
Che cosa è successo? Dove sono gli ingenui ambulanti di Natale? Ah, dimenticavo! La nostra, da un po' di tempo a questa parte, è diventata una città fine e la bancarella non si porta più. Un'ordinanza comunale ha cancellato un po' del colore della vecchia Napoli.
Perché, Bassolino? Forse ai turisti non piacciono le bancarelle natalizie? Pensi che preferiscano i suonatori ambulanti e questuanti e i capelloni che predicono il futuro a via Benedetto Croce? O forse gli armadi sospesi di piazza Plebiscito?
Ma già, dimenticavo! Il tuo è proprio un "quattro di maggio". Perciò non mi resta che augurarti che il trasloco ti porti rapidamente dove tu desideri. Soprattutto rapidamente e ...lontano.