(Lettera a "Corriere del Mezzogiorno" - 8 gennaio 2008)
Caro Direttore,
come forse saprai, sono giornalista dal 1999, ma ingegnere dal 1968 e, come tale, nel mio DNA c’è la tendenza a risolvere i problemi, più che a parlarne soltanto. Parlo naturalmente del problema della “munnezza”, che ci ha messo alla berlina a livello internazionale, cosa che come italiano (non solo napoletano, come vorrebbe qualche leghista arrabbiato) mi mortifica profondamente. Ma basta: ho promesso un discorso tecnico e quindi cerco di abbandonare, finché posso, altre argomentazioni di carattere politico.
Sono giornalista dal 1999, ma sono ingegnere dal 1968, e perciò queste sono in primo luogo le riflessioni di un tecnico. Sono nato a Napoli, ma sono vissuto anche a Spoleto (PG), a Roma, a Milano e, per il mio lavoro nel campo dell’informatica, ho girato un po’ in tutto il mondo. Quindi non sono uno di quei napoletani che pensano che Napoli sia l’unico posto dove valga la pena vivere, tanto è vero che da quando sono andato in pensione ho fissato la mia residenza a Palinuro, anche se almeno metà dei miei giorni trascorrono a Napoli, per motivi familiari. A Napoli abito in via Petrarca, Posillipo, dalle parti di Bassolino e Iervolino per intenderci, e quindi potrei tranquillamente limitarmi a guardare il problema della “munnezza” in televisione. Fuori casa mia, infatti, è tutto abbastanza pulito: le nobili narici dei miei illustri succitati vicini non possono certo essere disturbate dai miasmi che essi stessi hanno contribuito a provocare. Però, pur sentendomi cittadino del mondo, soffro nel vedere la città in cui sono nato ridotta alla vergogna. E sono qui a testimoniare che alla gente di qui non piace sguazzare nella lordura, che farebbero volentieri la raccolta differenziata (se poi chi raccoglie i rifiuti, quando li raccoglie, non li mischiasse di nuovo tutti insieme) e che la camorra, grazie a Dio, non comanda dappertutto. Vorrei citare il caso di tre amministrazioni locali, tre piccoli comuni della provincia di Caserta, in zona ad alta infiltrazione camorristica, che hanno avuto il coraggio di costituire un’unione finalizzata allo smaltimento dei rifiuti, mediante un impianto di termovalorizzazione di concezione avanzata. C’è una società svizzera, che non nomino per correttezza, specialista nel riciclaggio e nel trattamento dei rifiuti urbani ed industriali, che produce e installa degli impianti che bruciano l’immondizia a temperature altissime (intorno ai 1200°C) e producono energia elettrica. Un impianto tipo occupa lo spazio di mezzo campo di calcio, smaltisce 444 tonnellate di rifiuti al giorno e produce energia elettrica in grado di coprire il fabbisogno di un paese di 20.000 abitanti, oltre ad acqua calda e ceneri utilizzabili nella produzione di concimi per l’agricoltura. Non è necessaria la raccolta differenziata, perché a quelle temperature non c’è diossina o altri composti pericolosi che tengano; occorre solo separare i metalli ferrosi con un sistema di elettrocalamite compreso nell’impianto. Per quanto riguarda le emissioni inquinanti di ogni tipo, esse sono mediamente limitate a circa un decimo dei valori massimi delle rigide norme tedesche. Non scendo in particolari, ma sono in grado di fornire la documentazione e tutte le specifiche del caso. Un ultimo particolare non indifferente: l’impianto costa 25 milioni di euro, ma la società svizzera lo installa gratis (su terreno fornito dal comune ospitante, ovviamente) e in cambio prende l’elettricità prodotta, lasciando un dieci per cento alle amministrazioni locali, il che è sufficiente ad azzerare la tassa smaltimento rifiuti e a pagare il personale (locale, naturalmente) addetto alla gestione dell’impianto.
Troppo bello per essere vero? Può darsi: fatto sta che in Europa esistono centinaia di impianti di questo tipo (referenze disponibili). In Italia invece abbiamo la fortuna di avere non uno, ma due ministri per l’ambiente, l’affiatata coppia Pecoraro e Scanio, che, come è auspicabile tra marito e moglie, sono d’accordo su tutto: contrari ai termovalorizzatori e contrari alle discariche (come tu stesso hai detto). Non ci hanno spiegato se i rifiuti dobbiamo mangiarli o conservarceli a casa, ma aspettiamo lumi in proposito. Ma basta scherzare, perché purtroppo la storia che ho raccontato non ha un lieto fine. Infatti, visto che alcune amministrazioni locali stavano pensando di risolvere in proprio il problema dello smaltimento dei rifiuti (e ci stavano anche riuscendo), la regione Campania ha pensato bene di vietare che un soggetto diverso dalla Regione stessa potesse costituirsi come “ente smaltitore”. Perché l’hanno fatto? I motivi non sono chiari, o forse lo sono fin troppo.
Caro Direttore, dopo queste riflessioni non posso non sentire tanta amarezza. Sappi che io, come la maggior parte dei miei concittadini, vorrei tanto vivere in una città normale e vorrei tanto che anche qui fosse Italia. Pensa che, anche se canto abbastanza bene, non so neanche suonare il mandolino. Non mi meriterei, non ci meriteremmo, noi napoletani normali, qualcosa di meglio della feccia che ci ha ridotto in questo stato?
Paolino Vitolo
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