(Pubblicato su "IL CERCHIO" - Napoli - n.68 - ottobre 2008)
L’Alento è un piccolo fiume della Campania, lungo appena 36 Km, che nasce dai monti alle spalle di Paestum e, dopo un tortuoso percorso in una valle quasi incontaminata, sfocia nel mar Tirreno nei pressi di Velia (o Elea, secondo la dizione greca). Secondo Strabone dal nome greco del fiume (Elentos, in greco) sarebbe derivato il nome di questa antica colonia della Magna Grecia, che ebbe l’onore di ospitare la scuola filosofica di Parmenide. E’ certo comunque che dalla locuzione latina cis Alentum (al di qua dell’Alento) sia derivato il nome del territorio che il fiume taglia pressappoco in due: il Cilento, appunto.
Il Cilento era una regione praticamente sconosciuta fino a mezzo secolo fa. I viaggiatori del grand tour lo evitavano come una sorta di terra incognita; i più audaci si spingevano al massimo fino a Paestum e già Agropoli era considerata una città da evitare per la sua popolazione quasi selvaggia. Il pittore inglese Arthur John Strutt, che, grazie all’incoscienza dei suoi diciannove anni, nel 1838 percorse a piedi la costa del Cilento per recarsi in Sicilia, ci riferisce di condizioni di vita analoghe a quelle di cinquant’anni fa (“gli abitanti contendevano il cibo con le bestie”). Poi improvvisamente, alla fine degli anni 50 del secolo scorso, il Club Mediterranée scoprì questo territorio dalla natura selvaggia e stupenda e arrivò una ricchezza improvvisa e inaspettata. L’ubriacatura non fu salutare: certo ci fu cibo per tutti, ma gran parte dell’atmosfera patriarcale andò persa. Comunque il Cilento fu proiettato di colpo, come in un viaggio fantascientifico, dal medio evo, in cui era rimasto come cristallizzato, all’epoca contemporanea. E’ ovvio che un simile trauma avrebbe lasciato dei segni indelebili, che si traducono in una difficoltà di crescita, in un malessere diffuso, nell’incapacità di gestire al meglio e senza sprechi spesso distruttivi le risorse naturali che costituiscono l’unica - si badi bene – l’unica risorsa di questo territorio.
Proprio per cercare di dare un aiuto alla soluzione di questi problemi, che le singole amministrazioni locali sembravano incapaci non solo di risolvere, ma addirittura di affrontare, nel 1991 fu costituito il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, inizialmente di 36.000 ettari, portati oggi a ben 180.000, comprendente 80 comuni e 8 comunità montane, patrimonio dell’umanità dell’Unesco e riserva della biosfera. Già la data di fondazione (1991) ci fa capire il ritardo, tipico della politica, con cui si cercava di arginare gli spaventosi problemi provocati dallo sviluppo turistico, iniziato in sordina quarant’anni prima, e diventato impetuoso e selvaggio a partire dagli anni 70. Se all’inizio il Club Med aveva portato un turismo di èlite, attento e rispettoso della natura, sulla scia di questo si era instaurata la speculazione edilizia, la distruzione sistematica del territorio, il progressivo deterioramento della qualità del turismo stesso. Non a caso nel 1981 il Club Mediterranée abbandonava per sempre Palinuro. Il Parco Nazionale, arrivato tardi, si inseriva in un contesto già degradato. La popolazione, o almeno una parte di essa, proiettata improvvisamente da un’atavica povertà ad una facile ricchezza, aveva dimenticato la saggezza patriarcale degli avi e quindi, quando il Parco fu costituito, non lo riconobbe come un aiuto e un’opportunità, ma come un vincolo ed un freno imposto dall’alto. D’altra parte i politici, o almeno una parte di essi, non utilizzarono il Parco come un ausilio per un sano sviluppo del territorio, ma preferirono trattarlo come uno strumento per acquisire consensi elettorali o, usando un neologismo oggi di moda, come uno stipendificio. A questo punto, poiché denunciando queste storture si corre il rischio di cadere in facili generalizzazioni, è opportuno precisare che la maggior parte dei cittadini e degli amministratori vorrebbero che il Parco funzionasse per gli scopi per cui è nato: salvaguardare e sviluppare un territorio di valore inestimabile.
Oggi siamo a una svolta. Il Parco si trova ad essere da circa tre mesi senza presidente, a seguito delle dimissioni del prof. De Masi. Il Ministero dell’ambiente, nella persona del ministro Stefania Prestigiacomo, si sta adoperando nella ricerca di un sostituto, da scegliere ovviamente nell’area politica di centro-destra. Si è fatto il nome dell’avvocato napoletano Amilcare Troiano, esponente di Alleanza Nazionale e con notevole esperienza nel campo, essendo già stato presidente del Parco Nazionale del Vesuvio. La scelta sembrerebbe ottima e addirittura ovvia, ma ci sono purtroppo due problemi. Il primo è che il nuovo presidente si troverebbe a dover lavorare con tutta la struttura amministrativa del Parco, che è un’espressione della parte politica avversaria, in quanto costruita dall’ex ministro Pecoraro Scanio. Il secondo problema, forse più grave, è che Amilcare Troiano è napoletano e i cittadini del Cilento lo vedrebbero come l’ennesimo “viceré” imposto dal governo centrale. E sappiamo bene come i Cilentani siano storicamente sensibili a questa problematica, che affonda le sue radici nel periodo borbonico e addirittura nel medio evo. Sia ben chiaro: questo rifiuto preconcetto di qualunque intervento di persone esterne, pur qualificate e risolutive, è forse il principale problema per cui il Cilento, nonostante le sue enormi potenzialità, non riesce a decollare. Quindi, perché il Parco non sia visto come un organismo estraneo o come un ostacolo, ma sia invece apprezzato come un’occasione di tutela e di sviluppo, è necessario che il ministro Prestigiacomo tenga conto di queste preclusioni, deprecabili ma purtroppo molto radicate nella popolazione, e si orienti su una persona che sia nata nel Cilento e che abbia esercitato lì la sua attività politica, ovviamente nel centro-destra. Una persona che abbia naturalmente le necessarie competenze in materia ambientale e che conosca a fondo le problematiche del territorio.
Questa persona esiste, anche se, per correttezza, non vogliamo e non possiamo nominarla. Ed essa è anche una donna, proprio come il ministro. Il che non guasta e potrebbe dare la svolta necessaria per la soluzione definitiva dei problemi di una terra stupenda come il Cilento.
Paolino Vitolo
paolino.vitolo@fastwebnet.it