Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Alla ricerca della legalità
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(Pubblicato su "IL CERCHIO" - Napoli - n.69-70 - gennaio 2009)

Napoli, Quartieri Spagnoli - Capodanno 2009. L’anno nuovo è iniziato da una manciata di secondi e un giovane muore, colpito da una pallottola vagante sparata da un’altra giovane che festeggiava l’anno nuovo sparando con una pistola vera. Molte altre pallottole, che vagavano per lo stesso motivo, fortunatamente non colpiscono nessuno. La morte del giovane fa notizia, ovviamente, e sale agli onori della cronaca e dei telegiornali nazionali (che en passant indugiano sui sacchetti di spazzatura abbandonati e schiacciati sul selciato dei vicoli dei Quartieri), mentre le altre pallottole vaganti, quelle fortunatamente innocue, passano sotto silenzio. Come passano sotto silenzio i numerosi feriti o mutilati, che avevano voluto festeggiare sparando i cosiddetti fuochi proibiti, vere e proprie bombe artigianali, vendute per le strade negli ultimi giorni dell’anno su bancarelle improvvisate sotto gli occhi di tutti e senza che nessuno protesti o denunci il flagrante reato. Passano pochi giorni, anzi poche ore, e a Casandrino, paesone della cosiddetta “corona di spine” di Napoli, come già la definì Francesco Saverio Nitti nel 1902, due balordi, o meglio due vigliacchi, individuano una disabile, che, sulla carrozzella sulla quale è costretta fin da bambina, ritorna dall’ufficio postale, dove ha ritirato poche centinaia di euro di pensione, e per rapinarla la uccidono. I vigliacchi sono in motorino (senza casco ovviamente) e agiscono di giorno e in mezzo alla gente, sono certamente del posto, sono certamente conosciuti, ma nessuno del paese si sente in dovere di aiutare le forze dell’ordine, che, al momento in cui scrivo, non sono ancora riuscite ad assicurarli alla giustizia.
Questi sono due episodi apparsi sulle prime pagine dei giornali, e per questo li abbiamo notati e li ricordiamo facilmente. Forse non ricordiamo e forse non abbiamo neanche notato, tanto siamo assuefatti all’illegalità, tutto il corollario e le condizioni al contorno degli episodi stessi: acquisto ed uso di fuochi proibiti, uso illegale di armi, sacchetti di spazzatura gettati nella pubblica via, corse in motorino in due persone e per di più senza casco. E non ricordiamo nemmeno gli innumerevoli abusi, infrazioni, imbrogli, che, per essere così frequenti e così radicati, ci sembrano addirittura normali. Per questi motivi torno per la terza volta sull’argomento, sempre sulle pagine de “Il Cerchio”. La prima volta ne parlai nel marzo 2006 e la seconda nel marzo 2008, quando proposi una soluzione abbastanza articolata. E’ ormai chiaro a tutti che alla radice del problema c’è proprio la mancanza della cultura della legalità, dovuta essenzialmente a due fattori: l’ignoranza e la mancanza di educazione di alcuni e l’assuefazione di altri. Ciò fa sì che non viviamo più in un contesto civile e, frustrati e impotenti, cediamo all’impulso di abbandonare la lotta o addirittura, se ne abbiamo la possibilità, di abbandonare questa nostra terra, che riteniamo irrimediabilmente compromessa.
Ma qualcosa si può fare, qualcosa si deve fare. Certo le amministrazioni locali non sono di nessun aiuto in questa battaglia, anzi sono perfettamente inserite e costituiscono addirittura un fulgido esempio dell’illegalità imperante. E i responsabili non pensano minimamente di dimettersi (sarebbe il minimo), tanto a Napoli e in Campania le regole e le leggi normali non valgono; qui tutto è possibile, tutto è lecito e valgono delle regole diverse. Eppure abbiamo un esempio eclatante di come si possa spezzare il circolo vizioso: dopo mesi di emergenza spazzatura, uno dei primi atti del nuovo governo Berlusconi è stato quello di liberarci delle vergognose montagne di immondizia che ci soffocavano. E’ bastato semplicemente applicare la legge e farla rispettare e soprattutto non avere paura di farlo. Certo Berlusconi non ha però potuto insegnare agli incivili, che sono sempre tanti, a non buttare i sacchetti per strada, a non depositarli fuori orario, a fare possibilmente la raccolta differenziata. E così le telecamere dei TG nazionali hanno potuto indugiare sulle solite scene di sacchetti di immondizia schiacciati sul selciato dei Quartieri spagnoli. E noi napoletani, che abbiamo sempre amato e ancora amiamo, incredibilmente, questa città, continuiamo ad essere costretti a sopportare questa oleografia trita e ritrita del paradiso abitato dai diavoli (lo disse Goethe qualche secolo fa), del paese del sole dove è inutile, anzi da fessi, lavorare (tanto si riesce a campare lo stesso), della camorra che è l’unica autorità rispettata e che sa farsi rispettare. L’oleografia della napoletanità deteriore, che ha trovato il suo trionfo nell’ormai famoso libro e annesso film “Gomorra”, che ormai quasi nessuno ha il coraggio di definire per quello che sono: opere mediocri, con l’aggravante che gettano altro fango ed altra vergogna su una terra che annaspa nel tentativo di liberarsi dalle sabbie mobili di un destino che sembra, ma non è – sia ben chiaro – non è ineluttabile.
E allora, se nessuno ci aiuta, dobbiamo aiutarci da soli, come del resto abbiamo sempre saputo. Le persone per bene, le persone oneste che sono la maggioranza, quelle – per intenderci – che non fanno notizia e che non contribuiscono al tanto divertente e simpatico “colore locale”, hanno il dovere di muoversi e lottare. Certo non possiamo farlo da soli: sarebbe aggiungere Far West a Far West. E’ necessaria un’organizzazione, un disegno, che in qualche modo venga gestito e pilotato dalle istituzioni. Già nei precedenti articoli su questo argomento abbozzai una proposta; oggi mi sento in dovere di insistere, perché abbiamo la volontà e i mezzi per risolvere il problema.
Sia ben chiaro che nessuno vuole sostituirsi alle forze dell’ordine: per i delitti, come quelli citati all’inizio, ci sono la Polizia e i Carabinieri. Per i comportamenti e per le abitudini che sembrano normali, ma che sono invece illegali, per quelli ci sono i probi viri. I probi viri sono un gruppo di volontari, scelti dalla società civile, regolarmente accreditati presso le autorità competenti, che si assumono la responsabilità di denunciare a queste stesse autorità i comportamenti illegali, di cui vengono a conoscenza. Il loro compito è esattamente quello che nei paesi “normali” viene svolto automaticamente dai comuni cittadini, ma che a Napoli e dintorni, dove l’illegalità è molto radicata, sarebbe inutile e anche pericoloso. Un esempio può spiegare molto bene ciò che intendo. Alcuni anni fa ad Innsbruck in Austria, un amico napoletano tentò di buttare un sacchetto di spazzatura indifferenziata in una delle tante aree ecologiche di quella città. L’area era dotata di tutta una serie di bidoni di vari colori, con indicazioni in lingua tedesca, che l’amico purtroppo non conosceva. Per questo motivo, preso dallo sconforto, l’amico aprì un bidone a caso e fece per gettarvi dentro il suo sacchetto. Non fece in tempo a compiere il misfatto, perché un passante capitato lì per caso lo toccò sulla spalla e gli disse una sola parola “Nein!”, che, nonostante l’ignoranza della lingua, l’amico napoletano non poté fare a meno di capire. Vi immaginate una scena del genere ai Quartieri e magari a Scampia? Che fine pensate che farebbe il difensore della legalità e della pulizia? Lascio ai lettori la facile risposta.
Per questi motivi da noi sono necessari i probi viri, gruppo organizzato di volontari, che, avendo un rapporto privilegiato con le forze dell’ordine, potrebbero godere dell’aiuto immediato di queste nella loro azione di far rispettare la legalità. Ho già parlato nei precedenti articoli delle attrezzature tecnologiche che possono rendere sicuro e immediato il contatto dei probi viri con le forze dell’ordine: telefoni cellulari evoluti (palmari) permanente collegati tramite internet ad un apposito call center della Polizia o dei Carabinieri, in grado di attivare eventuali interventi di pattuglie per aiutare il volontario nella sua azione. Questi mezzi tecnici hanno anche il pregio di rendere sicuro e immediato anche il riconoscimento del volontario accreditato da parte del call center, evitando quindi le lungaggini ed anche quella specie di interrogatorio, sperimentato da chiunque abbia avuto la ventura di chiamare numeri come il 113.
Tecnicamente la cosa è fattibile e la volontà dei napoletani, quelli veri, c’è ed è determinata. Il solo pensiero di fare qualcosa per far ritornare “normale” questa terra bellissima ci riempie di emozione e di orgoglio. Resta solo la volontà politica di realizzare questo progetto di legalità: noi siamo pronti, ma aspettiamo un segnale dall’alto. Molto tempo è passato e molte cose sono cambiate da quando enunciammo per la prima volta questa nostra idea. Oggi siamo più fiduciosi: siamo certi che un governo, che è stato capace di liberarci da quindici anni e migliaia di tonnellate di spazzatura, saprà aiutarci nel realizzare questo nostro sogno. Che Napoli ritorni ad essere la città più bella del mondo.

Paolino Vitolo
paolino.vitolo@fastwebnet.it


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