Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Occasione storica
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(HERMES - marzo 2010)

Le elezioni sono alle porte. Soprattutto per noi campani l’evento ha una portata storica, perché, dopo molti anni, anzi decenni, di dittatura dell’afragolese Bassolino, abbiamo l’occasione di liberarcene. Non per sempre, naturalmente, perché il figuro ha minacciato di presentarsi candidato al comune di Napoli, ma almeno per un po’ di tempo non sarà in condizione di fare danni. Occorre riflettere con pacatezza e serenità sull’enorme potere che la democrazia, anche se carente e imperfetta sotto molti punti di vista, ci concede in questo momento. Bassolino fu prima sindaco di Napoli per lunghi anni, osannato dai suoi accoliti e lodato all’inverosimile dalla stampa di sinistra, nonché dagli utili idioti, sempre molto, troppo numerosi, se è vero come è vero il detto che recita che la loro mamma è sempre incinta. Costoro, con assoluto sprezzo del ridicolo e dell’evidenza delle cose, si inventarono e riuscirono pure a tenere in piedi per qualche anno la leggenda del cosiddetto “rinascimento napoletano”. Com’è noto a tutti, anche ai suoi inventori e ai suoi fan, il rinascimento napoletano è da tempo andato bellamente a puttane (chiedo scusa per il termine un po’ crudo, ma non ne ho trovato un altro altrettanto efficace e, soprattutto, pertinente). Il termine di cui sopra non è però solamente crudo, ma è, a pensarci bene, sbagliato. Il “rinascimento” infatti non è andato da nessuna parte, perché semplicemente con c’è mai stato. Quando lo dicemmo in tempi non sospetti e lo scrivemmo anche in una raccolta di lettere aperte all’allora sindaco di Napoli (intitolata “Caro Bassolino“ e disponibile su internet nel sito di questo giornale all’indirizzo www.hermes.campania.it/carobass/carobass.htm), fummo considerati i soliti faziosi che non si volevano arrendere ad una realtà bellissima che avrebbe reso felici tutti i napoletani. Dopo qualche lustro e due governi consecutivi del sindaco nullità Rosa Russo Iervolino, venitevi a fare un giro per Napoli e rendetevi conto di che si tratta, con i nostri migliori auguri.Chiedo scusa per queste divagazioni, ma ritengo che alla vigilia di un voto così importante, sia necessario meditare anche sul passato, che troppo facilmente si dimentica nel vortice convulso della vita moderna. E perciò vale la pena ricordare i due governi regionali del governatore Antonio Bassolino da Afragola, per i suoi estimatori addirittura più santo del suo omonimo da Padova, governi durante i quali il nostro soggetto è stato anche – udite, udite! – commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania. Quest’ultimo dettaglio va ricordato con particolare attenzione, perché è molto facile dimenticare le esperienze più spiacevoli: il nostro cervello opera automaticamente questa rimozione, forse allo scopo di renderci la vita un po’ più facile. Per questo motivo ho voluto corredare questo articolo di una vecchia foto dell’8 marzo 2008 (appena due anni fa), dove si vede la via San Paolo di Palinuro letteralmente sommersa da una quantità di rifiuti addirittura incredibile. Poiché in inverno gli abitanti di Palinuro sono circa 1500, la foto è la prova lampante che la spazzatura non si raccoglieva da giorni, settimane, forse mesi. Alla faccia del commissario straordinario per l’emergenza rifiuti! E se non fosse stato per l’azione energica del Presidente Berlusconi, quella “monnezza” ce la saremmo dovuta mangiare! Altre piacevolezze del governatore uscente? Il personale della Regione che ammonta a circa 25000 unità; un po’ troppe, quando si scopre che la Regione Lombardia, con un numero di abitanti molto maggiore di quello della Campania ne ha appena 5000 e dà ai cittadini un servizio certamente migliore. Ma tanti dipendenti sono necessari perché in Campania c’è l’usanza della compravendita del voto: chi prende il “posto” alla Regione sarà sempre un fedelissimo del governatore e farà votare per lui e per il suo partito anche la moglie, i figli, i generi e le nuore, la cameriera, il meccanico e il barbiere. E’ così che si costruiscono le maggioranze bulgare, non lo sapevate? E, poiché i “posti”, pur sfiorando l’indecenza, non possono essere aumentati oltre un certo limite, ci sono altri sistemi per incrementare il “parco” elettorale, come ad esempio le consulenze a pioggia. Consulenze perfettamente inutili, ma sempre pagate più o meno profumatamente. Se avete voglia di documentarvi, vi esorto a leggere un classico dell’argomento, il libro di Mimmo Della Corte intitolato “Bassolino, amici e compagni” (Editore: “Contro Corrente”): è una lettura talmente istruttiva, che non la dimenticherete facilmente. E se volete un altro piccolo promemoria, andate a fare benzina fuori dalla regione, a Maratea per esempio: resterete sorpresi dal discreto risparmio sul pieno e vi renderete conto che tutti quei regali agli “amici e compagni” li paghiamo noi di tasca nostra.
Qualcuno ricorderà che c’è stato qualche magistrato (ma che razza di magistrato è?), che avuto il coraggio di indagare il santo di Afragola per la sua gestione della “monnezza”. E ricorderete pure che il santo, pur esortato dal suo stesso partito a farsi da parte, non ne ha voluto sapere ed è rimasto imperterrito al suo posto, con una faccia di bronzo quasi incredibile. Bene – direte voi – ora ce ne libereremo e, anzi, ce ne libereremo comunque, perché tanto il governatore ha già governato due volte e per legge se ne deve andare comunque a casa, salvo poi a ricandidarsi un domani come sindaco di Napoli, come ha già minacciato (ma questo è un altro discorso). Sembrerebbe quindi che tutti i discorsi fatti finora siano perfettamente inutili, tanto uno peggio di Bassolino non potrà mai esserci e, comunque vada, la Campania starà meglio. Attenzione però! Nella frase precedente c’è un grosso errore: il “comunque vada” non è accettabile. Ricordate infatti che il nostro voto è prezioso, perché ce ne è concesso uno solo e quindi non possiamo sprecarlo e soprattutto perché è l’unico modo che abbiamo per influire sulla politica, che invece nel bene e nel male influisce pesantemente sulla nostra vita. Discorsi del tipo “non vado a votare perché tanto è inutile” oppure “non voto perché sono tutti uguali” non sono assolutamente accettabili. Rinunciando ad esercitare il nostro diritto diamo semplicemente spazio a chi è già schierato ed ha rinunciato a pensare e a giudicare. D’altra parte, chi vota stia bene attento a giudicare i candidati dai fatti e dalle situazioni oggettive e non dalle chiacchiere. Facciamo un esempio: il candidato del centro sinistra per la Campania è l’attuale sindaco di Salerno Vincenzo De Luca. Nessuno mette in dubbio che come sindaco della sua città di adozione il candidato abbia ottenuto dei risultati positivi; quello che non convince è il suo furbesco approccio alla campagna elettorale. I manifesti con cui ha tappezzato le nostre città, il suo sito web e in genere tutta la sua pubblicità lo presentano come un distinto signore vestito di blu, raffigurato su sfondo blu, con lettere cubitali pure blu. Egli usa deliberatamente i colori del Popolo della Libertà e si rivolge esplicitamente alle “persone per bene” promettendo le solite cose che promettono tutti, ma “al di fuori dei partiti”. Peccato solo che il De Luca sia un eminente rappresentante del Partito Democratico, guarda caso lo stesso partito di Bassolino, e che nonostante abbia dichiarato di essere nemico del santo di Afragola, abbia da questi ricevuto appoggio e solidarietà. Che Bassolino sia stato improvvisamente folgorato dalla fede e abbia voluto cristianamente porgere l’altra guancia? Ancora più peccato che il De Luca abbia anche incassato l’appoggio e la solidarietà di un figuro come Antonio Di Pietro, un tempo magistrato e attualmente vergogna nazionale. Tutto ciò la dice lunga sul candidato De Luca, che, invece di presentarsi onestamente per quello che è, cioè come il candidato del PD, con bandiere rosse e tutto il resto, ha preferito lo squallido tentativo di pescare nel torbido, presentandosi come l’anti-Bassolino e come l’eroe del cambiamento, pur essendo a tutti gli effetti il più genuino rappresentante della continuità rispetto al triste passato che cerchiamo di far passare. Guardiamo allora dall’altra parte, a Stefano Caldoro, candidato di centro-destra. Egli non cerca di nascondere le sue origini e la sua appartenenza al Popolo della Libertà; il suo programma è un programma di concretezza e di positività ed è perfettamente in sintonia con il programma che il governo centrale sta sviluppando, pur tra le mille difficoltà artatamente procurate da un’opposizione che non ha ancora capito, che non ha la maturità di capire che il suo ruolo deve essere un ruolo di governo e non di chiacchiere isteriche e di subdole manovre di disturbo.
Da quanto ho appena scritto risulta evidente la scelta di campo che noi di Hermes abbiamo fatto. Scelta corroborata dagli avvenimenti che si susseguono in maniera sempre più frenetica, provocati dall’isterismo di una sinistra incapace di ritrovare una sua identità e di politici che si sentono ormai mancare il terreno sotto i piedi o, meglio, le poltrone sotto un’altra parte del corpo. Ci piace citare a titolo di esempio la polemica sulle liste elettorali del PdL escluse in Lombardia e in Lazio per varie motivazioni formali, ma lo faremo con considerazioni un po’ diverse rispetto alle dotte disquisizioni che abbiamo sentito a iosa. Per la presentazioni delle liste dei candidati alle elezioni esistono delle leggi dello Stato che prevedono delle formalità ben precise. Siamo certi (anche se questa è solo un’opinione personale) che tali formalità, nei due casi citati, siano state in qualche modo disattese. Ma sappiamo anche per certo che in nessuna occasione del passato si sia stati eccessivamente fiscali nell’interpretare delle forme – ripeto – delle forme, a danno della sostanza che è una sola: il rischio di far rimanere un gran numero di elettori, forse la maggioranza, senza la propria lista di riferimento, in parole povere negando ad essi l’esercizio più elementare della democrazia. Saggiamente la magistratura, per definizione composta dai più saggi tra i cittadini, ha chiuso sempre un occhio sui vizi di forma al fine di privilegiare la sostanza, cioè il buon senso e, in ultima analisi, la giustizia, che guarda caso è l’obiettivo finale di ogni magistrato. Stavolta però non è stato così: una parte della magistratura, cioè in ultima analisi alcuni magistrati, incapaci di liberarsi dall’orpello della passione politica, incapaci di mantenersi super partes, come il loro ruolo imporrebbe, hanno voluto essere fiscali al massimo, sanzionando fino alle estreme conseguenze dei deprecabili, stupidi, sciagurati errori di chi aveva il dovere della precisione e dell’esattezza. “Dilettanti allo sbaraglio” li ha chiamati Umberto Bossi, e siamo d’accordo, perché il rispetto della legge, portato alle estreme conseguenze, avrebbe portato ad un vulnus nei riguardi della democrazia. Bene ha fatto il presidente Napolitano, dimostratosi così ancora una volta al di sopra delle parti, ad approvare il cosiddetto decreto salva-liste del governo, il cui scopo è semplicemente salvare contemporaneamente la forma e la sostanza, il rispetto della legge e il rispetto della democrazia.
Un ultimo esempio, proprio delle ore in cui scrivo, è quello delle intercettazioni telefoniche di Trani, che fanno parte di indagini della magistratura ancora in corso e che quindi dovrebbero essere segretissime e che invece – guarda caso – escono su certi giornali in piena campagna elettorale. E pensare che, mentre l’indagine riguarda presunte irregolarità su carte di credito, non ci si vergogna di tirare in ballo una telefonata di Berlusconi che con l’inchiesta stessa c’entra come il cavolo a merenda. Una telefonata in cui il Presidente si lamenta di trasmissioni televisive come Anno Zero o Ballarò, vere e proprie corride, dove gente come Santoro o Travaglio e così via si diverte a dileggiare, senza contraddittorio ovviamente, il Presidente del Consiglio, il suo governo e il suo operato. E allora? Dove sta l’illecito? Anch’io disprezzo quelle trasmissioni e quella specie di conduttori e le vedo solo quando ho voglia di arrabbiarmi e sentire un po’ di sana adrenalina nelle vene. Non perché io non rispetti le idee degli avversari politici, ma perché pretendo, a titolo di pari opportunità o meglio di par condicio, che vengano rispettate anche le mie.
Al momento in cui scrivo mancano ancora due settimane alle elezioni e non oso immaginare che cosa riusciranno ancora ad inventarsi in questa loro campagna elettorale in negativo. La verità è che stanno perdendo e lo sanno. Sanno che saranno sconfitti su tutta la linea e la loro è solo la frenetica vitalità dello scorpione che sente stringersi il cerchio di fuoco intorno a sé. Perciò facciamo un’opera buona ed aiutiamoli a perdere, purché smettano di soffrire e ritrovino finalmente la pace dei sensi. Facciamolo per il loro bene, ma soprattutto per il nostro!

Paolino Vitolo
paolino.vitolo@fastwebnet.it


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