Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Diamoci da fare
Pagina iniziale -> Articoli -> Articoli 2010 -> #
Benvenuti! Articoli Ricerca Racconti Fotografie Siti amici Scrivimi
Stampa
e-mail
e-mail
Condividi:  Facebook  Twitter  Delicious  OKnotizie  Segnalo  Technorati  Splinder

(HERMES, dicembre 2010)

Come è ormai tradizione consolidata, l'ultimo numero di Hermes dell'anno è dedicato a riflessioni e bilanci sul periodo appena trascorso ed alle prospettive alle speranze e alle intenzioni per il futuro del nostro territorio. Prima di trattare delle problematiche locali vorrei però esprimere, come del resto faccio da tempo, alcune mie considerazioni sulla politica nazionale. Ritengo che ciò sia indispensabile anche per inquadrare il contesto locale, dato che stiamo attraversando un periodo burrascoso e incerto, tutto proiettato sull'esito dell'ormai famoso voto di fiducia del 14 dicembre prossimo, quando si deciderà se il governo Berlusconi potrà continuare il suo lavoro o se invece dovremo rassegnarci ad affrontare un periodo più o meno lungo di ulteriori incertezze, in attesa di un nuovo governo stabile, con o senza Berlusconi. I miei lettori conoscono già la mie convinzioni politiche e quindi non si stupiranno per le mie considerazioni, anche se potranno non essere completamente d'accordo, come del resto è normale e lecito in democrazia.
Se siamo giunti a questo momento di crisi politica, lo dobbiamo anche a un essere il cui nome non scriverò mai, per rispetto di questo pur modesto giornale. I miei lettori non abbiano timore: anche senza nome capiranno facilmente di chi si tratta. L'essere in questione appartiene tecnicamente alla specie "homo sapiens", anche se l'aggettivo "sapiens" è nel suo caso alquanto ardito. Non posso assolutamente chiamarlo uomo, perché non lo è, almeno nel significato pieno della parola, né voglio chiamarlo con alcun nome di animale a volte usato in casi consimili, per non offendere dei poveri animali incolpevoli. E nemmeno posso affidarmi a classificazioni sicule, come quella che divide le persone in "ommini, omminicchi e quaquaraquà", perché credo che nessuna di queste categorie sia adatta al personaggio. Quindi o non lo chiamerò affatto o lo chiamerò semplicemente "essere", perché, purtroppo per noi, esiste. In un tempo ormai lontano, l'essere era uno dei giovani più promettenti del Movimento Sociale Italiano. Ferreo nella sua fede fascista, fu scelto come suo successore dal compianto Giorgio Almirante (che oggi compiangiamo ancora di più, pensando a come si sta rivoltando nella tomba). Poi egli dovette pensare che la fedeltà al suo ideale non gli avrebbe consentito di fare un granché di carriera politica e così si inventò la cosiddetta svolta di Fiuggi, così chiamata dal congresso del MSI che si svolse a Fiuggi nel gennaio 1995 e che portò alla nascita di Alleanza Nazionale dalle ceneri del vecchio MSI. In parole povere in quel congresso si sancì il concetto che i valori della destra non coincidevano con quelli del fascismo, che fu ridotto al rango di episodio passeggero, pur concedendo a Benito Mussolini il ruolo di "grande statista del ventesimo secolo". Molti, ma non tutti, degli ex missini furono contenti del cambiamento, perché esso rappresentava finalmente lo sdoganamento di una forza politica che era stata sempre tenuta fuori dai giochi di potere e di governo nazionale (ricordate il vecchio "arco costituzionale" da cui il MSI era escluso per definizione?). Io fui contento e accettai il cambiamento e, come molti altri, la maggioranza, mi accontentai di relegare il fascismo ai ricordi storici. E non mi accorsi, come solo pochi si accorsero, del primo tradimento perpetrato dall'essere. Eppure sarebbe stato facile capire che qualcosa non andava: sarebbe bastato ricordare che meno di due anni prima, nella primavera del 1993, in occasione del famoso referendum sul maggioritario indetto da Mario Segni, che sancì finalmente la nascita del bipolarismo, l'essere aveva esortato i propri elettori a votare no, forse per paura che il MSI non avesse la forza di superare la soglia dello sbarramento. Noi tutti pensammo, col senno di poi, che in quella occasione egli avesse commesso un errore di valutazione. Fu certamente così, ma non tenemmo conto che questo era un sintomo delle scarse capacità strategiche del personaggio. Ma andiamo avanti. Passano gli anni e nel 2003 l'essere va in visita ufficiale in Israele e, dimenticando il giudizio sul "grande statista Mussolini", dichiara che il fascismo in blocco era stato il male assoluto. A parte il fatto che si tratta evidentemente di un giudizio tranciato con l'accetta, in quella occasione l'essere dimostrò per la prima volta di dimenticare un piccolo particolare: il posto di governo, che gli consentiva di fare visite ufficiali in giro per il mondo, lo occupava grazie ai voti di quelli che pensano che il ventennio fascista sia stato il periodo più fulgido della storia italiana, pur deprecando le storture e gli errori fatali di quando il fascismo divenne regime e provocò la sua stessa caduta. E siamo così al secondo tradimento, molto più marchiano del primo, ma, anche in questo caso, molti, compreso il sottoscritto, ingoiarono il rospo. In fondo volevamo salvare il bipolarismo, che ci sembrava e ci sembra tuttora la forma politica più adatta ad instaurare una pur vaga parvenza di democrazia. Ma accadde poi un episodio, un campanello d'allarme che ci avrebbe dovuto far riflettere già tre anni fa. Quando il 18 novembre 2007 Silvio Berlusconi pronunciò in piazza San Babila a Milano il famoso "discorso del predellino", che annunciò la nascita del Popolo della Libertà, l'essere commentò con freddezza: "Siamo alle comiche finali". Salvo ad aderire, dopo soli sue mesi, al PdL, con conseguente vittoria schiacciante alle elezioni politiche dell'aprile 2008 e conseguente insediamento sulla terza poltrona dello Stato, quella di Presidente della Camera dei Deputati. Non male come carriera politica, per uno che già aveva ampiamente dimostrato una pericolosa mancanza di ideali ed una tendenza ad opportunistici cambiamenti. Ma nell'entusiasmo del momento, nessuno sembrò accorgersene. Il resto della storia la ricordiamo tutti. Il governo, dotato di una forte maggioranza parlamentare, ha cominciato il difficile cammino delle riforme, ha continuato a rivalutare l'immagine internazionale dell'Italia, ci ha permesso di navigare con sicurezza nelle acque tempestose di una crisi economica globale, ha quasi annientato la camorra e le altre organizzazioni criminali, ha messo mano alla riforma della scuola e a quella della giustizia, ha realizzato ed avviato importanti opere pubbliche, creando sviluppo e lavoro. Tutto questo era troppo pericoloso per un'opposizione imbelle, incapace di trovare leader degni di questo nome. Perciò essa, ormai ridotta alla disperazione, ha volontariamente abdicato al suo ruolo di controllo e compartecipazione al governo ed ha preferito affidare i suoi destini ai guitti, ai comici e ai pennivendoli adusi alle menzogne più ridicole. E si è specializzata nell'arte del pettegolezzo, ricorrendo anche alle storielle del tipo Papi, Noemi, Ruby o alle probanti testimonianze di escort (come si chiamano oggi le donnine allegre) e di ex assassini mafiosi diventati collaboratori di giustizia. E in tutto questo teatrino che cosa fa il nostro essere? Fiutando una possibile caduta in disgrazia del suo benefattore Berlusconi, fonda un proprio movimento politico trascinando con sé vecchie scorie di Alleanza Nazionale e pretende (come altri democristiani ben più abili di lui in questi squallidi giochetti) di diventare l'ago della bilancia della politica italiana. Grazie tante, ma ne abbiamo abbastanza di queste congiure di palazzo, le abbiamo viste per circa un mezzo secolo, quando era praticamente inutile andare a votare, perché tanto i governi uscivano da alchimie di partito e si cambiavano o "rimpastavano" ogni tre e quattro. E sono certo che questa volta il giochetto non riuscirà, perché gli italiani non si faranno gabbare da uno che, con questo terzo tradimento ha definitivamente e irrimediabilmente gettato la maschera. Il nostro piacere (e penso anche del grande Almirante) sarà che alle prossime elezioni politiche, che prima o poi ci saranno, l'essere scomparirà insieme con tutti i tuoi sodali. Fin dai tempi di Giuda è questo il premio del tradimento.
Passiamo ora agli argomenti locali. Avrei voluto fare un parallelismo con la situazione politica nazionale, ma mi rendo conto che di parallelo c'è ben poco: anche qui infatti la moda sembra quella di lamentarsi dell'amministrazione comunale, ma l'analogia si ferma qui. Molti di quelli che dettero il loro consenso all'attuale sindaco si dicono pentiti, ma, richiesti di mettere per iscritto e soprattutto firmare le loro critiche e magari le loro proposte, si tirano immediatamente indietro. Altri ancora, fin dall'inizio all'opposizione, dichiarano di non voler scrivere su Hermes, dicendo che non gradiscono come è gestito il giornale, ma in realtà perché lo vedono come una voce allineata con l'amministrazione comunale in carica. Questo è semplicemente falso, come potrete constatare leggendo questo numero, che ospita anche contributi contrari alla maggioranza, che, a differenza degli autori di volantini anonimi e di chiacchiere a buon mercato, non hanno avuto paura di firmare il loro dissenso. Hermes a suo tempo ha sostenuto la maggioranza ed ha modestamente contribuito a farla vincere. Molti non ci hanno perdonato proprio questo. Ma Hermes è un giornale povero, ma indipendente, e, poiché nessuno lo paga e nessuno lo sostiene economicamente, possiede l'inestimabile ricchezza di poter dire sempre la verità, o almeno quello che noi pensiamo sia vero. E allora possiamo affermare quello che pensiamo, che questa amministrazione, partita con grandi progetti e con un bellissimo programma, ci sta purtroppo deludendo. E questo non significa che facciamo di ogni erba un fascio, né che vogliamo esercitare una critica indiscriminata, giacobina e improduttiva. Noi amiamo questa terra – dovete darcene atto – e vorremmo vederla crescere e prosperare, ma ci rendiamo conto che la buona volontà di pochi non è sufficiente. L'amministrazione, il sindaco, dovrebbero dare un segnale forte, cercare finalmente di realizzare i punti del programma che sono rimasti purtroppo lettera morta. Il regolamento attuativo del PRG, il piano spiaggia, la risoluzione della marea di condoni edilizi in attesa da trent'anni, una politica turistica moderna, la sistemazione del porto, la lotta all'evasione delle imposte comunali, la riorganizzazioni degli uffici pubblici sono tutte cose (le prime che mi vengono in mente) che andrebbero affrontate al più presto, senza esitazioni, senza favoritismi, senza aver paura del "compariello che si può dispiacere". Perdonatemi lo sfogo, perché so che molti di voi purtroppo mi ritengono un estraneo, uno venuto da Napoli che non capisce niente del paese. E' vero: forse non capisco niente dei giochi occulti, dei legami, dei patti segreti che affondano le radici nel passato e che condizionano la politica e l'attività del governo locale. Ma io amo questa terra e, se ne sono cittadino solo da nove anni, chi mi conosce sa che in effetti lo sono da quasi cinquanta. E c'è persino qualche palinurese d.o.c. che afferma con mia grande soddisfazione che io sono più palinurese di tanti palinuresi. Perciò muoviamoci, diamoci da fare, prima che sia troppo tardi. Anche l'opposizione, che tanto predica, non mi sembra che abbia mai fatto una critica costruttiva, né che abbia brillato per iniziative e realizzazioni nei precedenti quindici anni in cui era maggioranza di governo. Perciò diamoci da fare, prima che sia troppo tardi, perché il tempo non ci è amico: il tempo è poco e le cose da fare sono molte. Il tempo sta inesorabilmente finendo.

Paolino Vitolo
paolino.vitolo@fastwebnet.it


Tool per traduzioni di pagine web
By free-website-translation.com