(Hermes febbraio 2013)
Poco più di due mesi fa, precisamente il 10 dicembre 2012, scrissi un articolo intitolato "Sogni", apparso come editoriale sul numero di Hermes di fine anno. In quell'epoca (uso questa parola perché quei giorni sembrano lontanissimi) la politica italiana sembrava cristallizzata e, secondo il parere dei più autorevoli opinionisti, consolidata in uno stato "politicamente corretto".
Il centrosinistra e la sua massima espressione, il Partito Democratico, dopo la splendida rappresentazione mediatica delle primarie, con tanto di sceneggiata del simpatico Matteo Renzi, rottamatore prima e figliuol prodigo dopo, si preparava a raccogliere i frutti delle opere e delle azioni delle sue variegate e numerose truppe d'assalto, dai giornaloni allineati ai magistrati impegnati, dai comici intelligenti ai conduttori televisivi omologati.
Il presidente del Consiglio in carica Mario Monti, dall'alto della sua sobrietà, si godeva il successo e i peana dei mezzi di informazione di cui sopra e affermava (anche se oggi non se lo ricorda più nessuno) di non vedere l'ora di terminare il suo mandato, per poter tornare ai suoi studi di economia e alla sua amata università Bocconi.
Le mosche cocchiere, o aghi della bilancia, o traditori che dir si voglia, Casini e Fini, con l'aggiunta facoltativa del ferrarista salottiero Montezemolo, pregustavano già la succulenta fetta di torta che immancabilmente avrebbe solleticato la loro atavica e democristiana fame di potere.
Dall'altro lato il Popolo della Libertà, ridotto secondo gli onnipresenti sondaggi ad uno sparuto 10%, si dibatteva in lotte intestine, in amletiche decisioni (primarie sì, primarie no), in perenni litigi con la Lega Nord ormai orfana di Bossi.E in tutto questo i delusi del centro destra decidevano o di non votare, portando la percentuale del non voto oltre uno spaventoso 50% (come alle regionali siciliane), o si lasciavano tentare da improbabili sirene, come il comico Grillo, i cui comizi, anche se sterili di proposte concrete e fondamentalmente qualunquistici (o forse proprio per questo), hanno facile presa sugli sfiduciati e gli scontenti. Io stesso, come i lettori più attenti ricorderanno, affermai di non aver deciso ancora se votare e, nel caso, per chi votare.
Poi venne il sassolino nello stagno, gettato – ricordate? – da Angelino Alfano che annunciò il ritiro dell'appoggio del PdL al governo Monti, se non per i provvedimenti urgenti già in fase di discussione. Due mesi fa, quando parlai di sassolino, commisi un errore madornale. A giudicare dagli effetti doveva trattarsi piuttosto di un macigno, che, sullo sfondo caotico delle formiche impazzite, ha fatto emergere una serie di comportamenti spesso prevedibili e a volte bizzarri, delle azioni violente e pericolose, delle agnizioni abbastanza stupefacenti.
Nella struttura delle opere teatrali classiche, l'agnizione si ha quando uno dei personaggi principali getta la maschera e rivela finalmente la sua vera natura, fino a quel momento abilmente occultata. Il conseguente colpo di scena conduce rapidamente alla conclusione naturale dell'opera teatrale. Nei due mesi appena trascorsi abbiamo avuto l'agnizione del premier uscente Monti, che, dopo aver indossato per tutto l'anno precedente l'inespressiva maschera della sobrietà e dopo aver affermato in più occasioni di non vedere l'ora di terminare l'impegno governativo per poter tornare ai suoi amati studi, ha invece deciso di scendere nell'agone politico. Mi rendo conto di aver usato il verbo "scendere", poco gradito al Professore, che infatti ha affermato fin dall'inizio che lui non scendeva, ma saliva in politica. Classica ingenuità da parvenu: i veri politici di professione sanno bene, per esservici immersi fino al collo, che la politica è una poltiglia piuttosto infima e quindi proprio per l'etimologia del superlativo assoluto "infimo" (bassissimo che più basso non si può), non è possibile salirvi, ma solo scendervi. Questo errore di impostazione, appalesatosi nei primi tweet del senatore a vita Monti ed ampiamente riportato dai giornali, non dimostra una presunta superiorità del personaggio, per alcuni capace di trasformare la poltiglia di cui sopra in nettare e ambrosia, ma solo l'ingenuità del poveretto, che oggi si sta perfino accorgendo che con molta probabilità il suo schieramento non arriverà né primo né secondo né terzo e forse nemmeno quarto. La frustrazione derivante all'ex sobrio premier da queste amare considerazioni deve essere stata però cattiva consigliera, o forse lo è stato il guru americano a cui il professore ha affidato la sua strategia elettorale. Negli States, infatti, durante le campagne elettorali ci si tratta a pesci in faccia, salvo poi a stringersi tutti concordi sotto la bandiera a stelle e strisce. Da noi invece i rancori non si dimenticano facilmente e non è buona norma dare del cialtrone all'avversario politico, che peraltro (guarda i casi della vita) potrebbe anche vincere e tarpare definitivamente le ali al sobrio professore che ha deciso di abbandonare la sobrietà, abbandonandosi alle ingiurie, pur mantenendo, incredibilmente, la stessa inespressiva faccia da sobrio che non ride mai. Come in tutte le commedie e i drammi classici, una volta verificatasi l'agnizione, l'opera volge al termine. Così ci auguriamo che nel giro di una settimana o anche meno si concluda il dramma del professore Mario Monti, che ha visto aumentare a dismisura la pressione fiscale, la povertà delle famiglie, la disoccupazione. Per qualche numero che renda meglio l'idea del disastro, invito a guardare la figura qui sotto, tratta dal sito web Il Giornale.it, che presenta un compendio dei dati ISTAT dell'anno 2012, quello del governo tecnico.Parliamo ora dell'emersione o meglio della riemersione di comportamenti prevedibili e bizzarri. Per prima cosa i guitti ed i conduttori dei talk show politicamente corretti si sono accorti improvvisamente che Berlusconi non è morto. A molti non deve essere sembrato vero: comici senza più idee, ormai ridotti all'impotenza (nel senso di "incapaci di far ridere qualcuno") si sono improvvisamente e gioiosamente risvegliati. Un grande conduttore del calibro di Santoro coglie subito l'occasione di invitare il Cavaliere, reo di tutti i misfatti degli ultimi vent'anni, nella fossa dei leoni del suo "Servizio Pubblico". E gli fa un grande favore, perché, secondo tutti i sondaggisti, la lotta contro le forze soverchianti delle fiere e dei gladiatori di Santoro, regala al Cavaliere una risalita nel consenso stimata dai due ai cinque punti percentuali. Un grande comico del calibro di Crozza, felice che la sua vittima prediletta sia risuscitata, cerca di approfittare del prestigioso palcoscenico del Festival di Sanremo per fare la caricatura al Cavaliere. La fa anche a Bersani, a Ingroia, a Grillo e – chissà perché – a Montezemolo, anche se in maniera più blanda. Non si capisce perché abbia trascurato Monti, ma comunque viene contestato e fischiato dal pubblico. Fortuna che secondo Fazio i contestatori erano solo due: contento lui, contenti tutti!Finora abbiamo parlato di comici e canzonette: è il momento di toccare questioni un po' più gravi. Improvvisamente e con grande disappunto di chi cercava di sopire il tutto, scoppia lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena. La più antica banca italiana, da sempre in mano dei comunisti del PCI ed ora del Partito Democratico, avendo subito un vero e proprio bagno di sangue per l'acquisto di Antonveneta per ben 9 miliardi, pensa bene di rifarsi giocando in borsa con derivati e titoli tossici. Ovviamente perde e si scopre che la cifra perduta è circa pari al gettito IMU estorto agli italiani nel 2012. Ovviamente non stiamo dicendo che l'IMU sia stata usata per salvare il MPS, ma solo che lo Stato ha dovuto sborsare una somma pari a quella faticosamente raggranellata dai poveri contribuenti e che per i soldi vale la proprietà transitiva. Francamente ci stupisce come non si sia riusciti a bloccare lo scandalo almeno fino a dopo le elezioni, visto che quanto accaduto danneggia gravemente uno dei due contendenti: il centro sinistra. Evidentemente il bubbone era arrivato a un punto tale che non è stato possibile nasconderlo.
Ma, niente paura! Per bilanciare le cose interviene la magistratura o almeno alcuni suoi rappresentanti. Del resto la bilancia non è forse il simbolo della legge? E' giusto quindi che il potere giudiziario, che è quello che applica la legge, faccia funzionare la bilancia e cerchi per quanto possibile di bilanciare. E così, con precisione cronometrica, arriva la condanna per corruzione di Fitto, ex governatore della Puglia e capolista del PdL in quella regione, nonché l'accusa di corruzione a Formigoni, candidato PdL al Senato in Lombardia. Per inciso ricordiamo che Puglia e Lombardia sono due delle regioni in bilico in cui si combatte la battaglia per il Senato.
Purtroppo, malgrado queste azioni la bilancia pende ancora un po' troppo a sinistra. Benissimo! La magistratura d'assalto cerca di riportare il tutto all'equilibrio e per far questo non esita ad affossare Finmeccanica, una delle più sane e prestigiose industrie italiane, arrestandone il presidente per corruzione internazionale. Infatti, per ottenere una commessa di 750 milioni di euro da parte del governo indiano per 12 elicotteri Agusta Westland, secondo l'accusa sarebbero state pagate tangenti al governo indiano. Non sappiamo ovviamente che cosa sia in realtà avvenuto. Sappiamo soltanto che le altre nazioni civili industrializzate, che vendono i loro prodotti tecnologici all'estero, hanno degli appositi uffici statali incaricati di pagare provvigioni (non tangenti) ai consulenti dei clienti esteri che possono consigliare l'acquisto dei propri prodotti. In tutto questo il governo indiano, che certo non desidera essere coinvolto in beghe giudiziarie italiane, ha minacciato di ritirare la commessa. Inutile dire che un concorrente della Finmeccanica, e precisamente il gruppo franco tedesco Eads, si è già fatto avanti per cogliere la palla al balzo e soffiarci l'affare. Non sappiamo ovviamente come andrà a finire, ma sappiamo benissimo perché tutto questo è stato fatto. La Finmeccanica è in qualche modo legata alla Lega Nord, quindi alcuni magistrati intelligenti hanno pensato così di bilanciare il caso MPS. Trascurando però che da una parte c'è una banca con le sue torbide operazioni di finanza, dall'altra un'azienda sana che dà lavoro a migliaia di operai. Ma che cosa volete che importi questa insignificante considerazione a dei professionisti che, a differenza di tutti gli altri, non devono rispondere e non possono essere puniti per gli errori eventualmente commessi, in buona o, peggio, in mala fede?
Ovviamente queste considerazioni non valgono per la magistratura in generale, ma per i suoi rappresentanti che, pur compiendo pienamente il proprio dovere, agiscano eventualmente per motivi di parte, magari accelerando i tempi dove non necessario o irrigidendosi eccessivamente nell'applicazione e nell'interpretazione della legge. Ed anche ovvio che il problema è bifronte come Giano, perché potrebbero esserci magistrati di destra che potrebbero eventualmente favorire, pur compiendo alla lettera il proprio dovere, la parte per cui hanno simpatia. E' esattamente questo il motivo per cui ci sembra perlomeno strano che un magistrato come Ingroia, avendo deciso di darsi alla politica addirittura con un suo partito, invece di dimettersi dalla magistratura, si sia messo in aspettativa. Così, se non viene eletto, ritrova ad aspettarlo il suo posto di magistrato (con quali garanzie di imparzialità nei riguardi di vecchi avversari politici?).
Terminiamo l'elenco degli accadimenti provocati dal macigno nello stagno con due aneddoti – diciamo così – più leggeri. Prima di citare il primo, vorrei ricordare quanto scrissi a proposito del famoso spread nel mio articolo di dicembre. Lo spread, cioè la differenza di rendimento dei nostri titoli di stato rispetto agli omologhi titoli di stato tedeschi, varia e fluttua continuamente a seconda delle situazioni di mercato del momento. Vero è che a livello macroscopico uno spread più alto significa una minore fiducia nella nostra solvibilità come Stato debitore, ma la fluttuazione del momento non dipende da questo, bensì dal rapporto tra domanda e offerta del mercato in quel preciso momento, appunto. Detto questo, vorrei ricordare come, subito dopo l'annuncio da parte di Berlusconi dell'abolizione dell'IMU sulla prima casa e della sua restituzione in caso di vittoria, ci fu effettivamente un piccolo casuale aumento dello spread. Spread che diminuì da solo subito dopo, senza che il Cavaliere avesse modificato di una virgola la sua promessa elettorale. Qualunque persona di buon senso capisce benissimo che tra le due cose (abolizione IMU e spread) non c'è alcun nesso logico. Se ci fosse si dovrebbe presupporre un particolare accanimento dei mercati nei riguardi dei proprietari di casa italiani, cosa che mi pare assolutamente fuori dal mondo. Eppure, nonostante l'ovvietà di queste considerazioni, ci fu qualcuno che osò affermare (e fu sentito anche al TG1) che Berlusconi aveva fatto aumentare lo spread con le sue promesse elettorali. Potenza di quest'uomo: un anno fa le sue donnine, quest'anno le sue parole riescono a influenzare pesantemente la finanza internazionale!
E dopo questa divertente divagazione, per non tediare ulteriormente i miei lettori, vorrei citare l'ultimo aneddoto. Il presidente della Repubblica italiana Napolitano, uomo per definizione al di sopra delle parti, garante della costituzione più bella del mondo, si reca in visita dal presidente USA Barack Obama e, dopo aver giustamente lodato il presidente del Consiglio Monti per l'ottimo (dal punto di vista degli Stati Uniti) lavoro svolto, si lascia scappare un velato rimprovero a quei partiti che, dopo averlo appoggiato, adesso lo osteggiano. A parte il fatto che a Obama, piuttosto stranito da questa appunto strana (per lui) affermazione, non frega niente della campagna elettorale italiana, a parte il fatto che il PdL, come tutti, ha il diritto di cambiare idea (e bene ha fatto), a parte tutto questo – dicevo – è come minimo singolare che il Presidente super partes, quale Napolitano dovrebbe essere, abbia voluto invece prendere parte al cospetto del mondo intero. Che peccato! Anche lui non ha resistito ed è voluto "salire" in politica.
Completato l'elenco degli aneddoti (o per lo meno di quelli che mi vengono in mente), vorrei ora parlare di programmi elettorali, ricollegandomi a quanto avevo auspicato come "sogni" nel mio precedente articolo intitolato appunto "Sogni". Per risparmiare ai lettori il fastidio di andarsi a leggere il pezzo citato, vorrei qui riportare alcuni passi relativi ai desideri e agli auspici; "Per prima cosa la diminuzione della pressione fiscale, con abolizione dell'IMU sulla prima casa e ritorno dell'aliquota ordinaria IVA al 20%; in più una drastica riduzione delle accise sui carburanti.". E poi: "abolizione totale delle province (è dai tempi delle nascita delle regioni voluta dalla Costituzione, circa mezzo secolo fa, che si doveva fare), dimezzamento del numero dei parlamentari, abolizione totale di privilegi anacronistici come auto blu, mensa parlamentare a prezzo ridotto, stipendi per i portaborse, rimborsi viaggio privilegiati. E poi drastica riduzione delle pensioni d'oro già erogate e totale annullamento delle stesse per i politici che ancora lavorano e percepiscono altri emolumenti; divieto di accumulo di varie retribuzioni; abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (come da referendum in cui noi, il popolo, esprimemmo chiaramente questa volontà; abolizione dei finanziamenti ai giornali di partito inutili". E poi ancora: "lotta all'evasione fiscale, ma veramente e non per burla, come la caccia agli scontrini dei bar di Cortina o di Positano o, peggio, come la supertassa sugli ormeggi, che ha fatto scappare tutti, buoni e cattivi, distruggendo la nostra fiorente industria nautica.
Con i soldi avanzati delle nostre tasse, che sarebbero tanti e che finalmente pagheremmo volentieri, si dovrebbe investire per lo sviluppo, nelle opere pubbliche, nella protezione del territorio, nelle infrastrutture che mancano soprattutto al sud, facendo crescere i posti di lavoro, facendo girare la ricchezza, anzi creando ricchezza, dando lavoro ai giovani, conservandolo agli anziani, proteggendo i più poveri, realizzando un vero stato sociale."
Bene, analizzando la marea di chiacchiere e purtroppo di insulti e isterismi, che sembrano caratterizzare più che mai questa campagna elettorale (ma forse ho solo memoria corta), mi sembra che ci sia uno schieramento che più degli altri ha fatto delle proposte concrete, che le ha confermate nel tempo e soprattutto ne ha indicato chiaramente la fattibilità e – cosa ancora più importante – la copertura finanziaria. Grazie a questa convinzione che mi sono fatto, posso affermare – a differenza di quanto dichiarato nel citato articolo di dicembre – che andrò sicuramente a votare, e voterò per un partito della coalizione di centro destra cha fa capo al PdL, anche se ancora oggi, 19 febbraio, non so ancora per quale specifico partito (lasciatemi il piacere di un minimo di privacy!).
Rinunciare al voto è un atto di puro masochismo, come quello della classica storiella del marito che si priva degli attributi per far dispetto alla moglie. Infatti la percentuale dei non votanti potrebbe addirittura superare quella già spaventosa delle ultime elezioni regionali siciliane, ma i politici se ne sbatterebbero del nostro messaggio di disperazione e di protesta. Essi continuerebbero a considerarci come il classico serbatoio degli indecisi da blandire e da tirare dalla propria parte. E comunque, oltre a fornire un messaggio inutile a chi di questo messaggio non tiene alcun conto, non votare è sbagliato e basta, perché non votando rinunciamo al nostro unico diritto democratico e lasciamo la scelta dei nostri destini ad altri che probabilmente non la pensano come noi.
Perché quindi la mia scelta per la coalizione di centro destra? Forse per simpatia per Silvio Berlusconi? Tutt'altro. Non è per simpatia che si fanno certe scelte; a parte il fatto che il candidato premier del PdL non è Berlusconi, ma Angelino Alfano. I fatti sono questi: il programma elettorale del PdL coincide e a volte supera i sogni del mio articolo dello scorso dicembre. Non starò qui a pubblicare l'intero programma del PdL, peraltro disponibile su internet, ma vorrei citare solo alcuni punti che mi sono piaciuti di più.
Il primo è l'abolizione dell'IMU sulla prima casa. Se vinceremo, la tassa odiata e ingiusta, imposta dai dilettanti allo sbaraglio che ci hanno rovinato per più di un anno, sarà abolita. Essa ha fruttato appena quattro miliardi di euro, nemmeno il 5% del costo abnorme della macchina statale, e quei soldi non sono nemmeno andati ai comuni, ma alla fine sono stati assorbiti da oscure operazioni finanziarie. A fronte di nessun vantaggio, questa tassa ha prodotto recessione e disoccupazione: il mercato immobiliare è crollato e di conseguenza il settore edilizio è andato in crisi (anche i numeri di questo disastro appaiono nella figura di cui sopra). In aggiunta ai miei desideri, non solo la tassa sarà abolita, ma sarà anche restituito il maltolto a chi l'ha subita nel 2012. I danni provocati dalla rapina perpetrata da Monti e dai suoi accoliti saranno riparati. Qualcuno potrebbe obiettare: "Dove si prendono i soldi per fare questo?". Bene, la copertura finanziaria per questa operazione (di importo trascurabile nel bilancio statale) e di tutte le altre iniziative del programma è chiaramente indicata nel programma stesso. I soldi usciranno dal dimezzamento dei costi della politica, come il finanziamento pubblico dei partiti, la riduzione del numero dei parlamentari, l'abolizione delle province e tutte la altre cose che ho già elencato nei miei sogni e che quindi non sto a ripetere, e poi dalla lotta all'evasione fiscale, ma quella vera, non la pagliacciata degli scontrini del caffè, anche con accordi con i governi dei paesi (come la Svizzera) che fungono da paradiso per gli evasori. Questi risparmi consentiranno di realizzare altri miei sogni. Non verrà aumentata l'IVA, come già decretato dai tecnici dilettanti; verrà progressivamente azzerata l'IRAP; non verranno tassati per cinque anni le aziende per i neo assunti a tempo indeterminato; la pressione fiscale sarà progressivamente ridotta di un punto all'anno. Mi fermo qui, perché il programma è ricco e articolato e non voglio ripeterlo in questa sede.
A questo punto il solito obiettore dirà: "Queste sono promesse elettorali. Chi ci dice che verranno rispettate?". All'obiettore rispondo che il PdL ha già mantenuto promesse simili fatte a suo tempo, quando abolì l'ICI sulla prima casa e lo fece in condizioni obiettivamente più difficili, quando al suo interno si annidavano traditori e farabutti poi usciti allo scoperto. Oggi che questa gente ha gettato la maschera ed è avviata presumibilmente verso l'estinzione, dovrebbe essere più facile rispettare il nuovo contratto con gli italiani.
Contratto la cui bontà è confermata dal fatto che le proposte del PdL sono state in larga misura scimmiottate dagli altri contendenti, primo fra tutti il PD con la sua coalizione di centro sinistra, che peraltro è l'unico concorrente serio del centro destra in questa battaglia politica. Ma, al di là di questo scimmiottamento, la campagna elettorale degli avversari del centro destra si basa soprattutto su vuote parole e frasi fatte, buone soltanto a nascondere il nulla o, peggio, l'atavico odio sociale verso la classe media, che già il professorino Monti ha contribuito a mortificare.
E al di sopra di tutto riemerge l'unico denominatore comune che ha contribuito a compattare un'accozzaglia di movimenti altrimenti incompatibili: l'odiato Berlusconi, che è rinato e fa di nuovo paura. E il leader del centro sinistra Bersani, che solo due mesi fa pensava di avere la vittoria in pugno, al punto di assegnare già i ministeri ai suoi alleati (lo stesso Monti è tra i prescelti), sente ora montare la paura e lo sconforto di quella che mi piace chiamare "la sindrome di Occhetto".Era il 1994, diciannove anni fa, e la "gioiosa macchina da guerra" dell'allora segretario comunista (scusate se uso questo brutto aggettivo, ma non ricordo il nome del PD di allora) Achille Occhetto macinava vittorie e consensi. Poi venne un impolitico, uno scaltro uomo d'affari, che vedeva nel lavoro e nello sviluppo libero da pastoie statalistiche e burocratiche il futuro del paese, un uomo che aveva capito che gli italiani vogliono solo lavorare e vivere in pace, in un benessere sudato e meritato, conquistato con il lavoro. E quest'uomo vinse.
Oggi la storia sta per ripetersi, con uomini nuovi e con nomi nuovi. Sono i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Il ricorso sta per concludersi: è durato anche troppo, ben tredici mesi. Il nuovo corso sta arrivando. Abbiate fede e non dubitate: arriverà.
Paolino Vitolo