(Hermes luglio 2013)
Per poter parlare di evoluzione, cioè di passato e di futuro, è buona norma partire al passato. Il turismo a Palinuro ha vissuto una lunga preistoria, terminata poco più di sessant’anni fa, negli anni 50 del secolo scorso. La preistoria non conobbe turismo, se si escludono le sporadiche escursioni di pochi temerari fra i viaggiatori del “grand tour”, che osarono spingersi a sud dei templi di Paestum, vere colonne d’Ercole di una terra selvaggia e inesplorata, che neanche i feudatari amavano visitare, preferendo affidare la gestione dei propri latifondi a loro lontani vassalli. Fra i “temerari”, come li ho definiti, mi piace ricordare John Strutt, pittore inglese di soli diciannove anni, che, forte dell’incoscienza della sua età, insieme con un amico attraversò il Cilento a piedi per poi recarsi in Sicilia. Tra le sue memorie, che scrisse a Londra al ritorno dal viaggio, spicca la visita della torre del telegrafo di Ascea, che allora (nell’anno 1828) era perfettamente funzionante, tanto che l’addetto alla manovra del telegrafo meccanico mostrò con fierezza come un messaggio impiegasse appena venti minuti per arrivare a Napoli e tornare. E poi mi piace ricordare il viaggiatore Franz Ludwig Catel, che nel 1812 produsse l’acquaforte del cosiddetto Cenotafio di Palinuro [1], tomba di età romana che in quel tempo era perfettamente conservata nella Valle di Marco di Caprioli, mentre oggi è quasi nascosta e invisibile per colpa dell’incuria e dell’indifferenza dei ben diversi viaggiatori del terzo millennio.Comunque, all’inizio della storia, Palinuro era esattamente la stessa che avevano visto John Strutt e Franz Ludwig Catel: una terra incontaminata, di una bellezza selvaggia e conturbante, con pochi abitanti, poveri, ma legati ancora a tradizioni antiche e patriarcali.
Fu allora, una manciata di anni dopo la fine della guerra, che pochi discreti viaggiatori ruppero il silenzio millenario di questa terra. Essi erano attirati dalle stesse bellezze che richiamano il turista di oggi, ma più intatte, naturalmente, e in più potevano godere dell’ospitalità patriarcale dei pescatori e dei contadini del villaggio di Palinuro. Non si trattava ovviamente di un turismo di massa, che a quei tempi non poteva esistere, perché non c’erano i mezzi, l’automobile era privilegio di pochi e le strade erano scarse e difficili. Si arrivava a Palinuro col treno, scendendo alla stazione di Caprioli (oggi dismessa) e si completava il viaggio su mulattiere e lungo la spiaggia delle Saline.
Nacque così un turismo di élite, di persone di cultura, stanche del caos delle grandi città, del traffico d Milano e di Roma, degli stabilimenti balneari e dei circoli nautici di Napoli, dove il mare cominciava già a deteriorarsi, e desiderose di immergersi nella natura e nel mito, disposte per questo ad affrontare i disagi di un viaggio difficile e ad accontentarsi degli scarsi o quasi nulli servizi che Palinuro poteva allora offrire.
Del resto questa tendenza cominciò a manifestarsi in tutta Europa, tanto è vero che proprio in quel periodo e precisamente il 27 aprile 1950, un ex pallanuotista belga, Gérard Blitz, fondò il Club Méditerranée e creò il primo villaggio turistico del club a Maiorca in Spagna. Era un villaggio di capanne di paglia con servizi igienici in comune, perché questa era allora la richiesta di quei turisti, che desideravano solo immergersi nella natura incontaminata. Palinuro era esattamente questo, una natura bella e vergine, e fu fatale quindi che il Club Med arrivasse anche qua. Nei primi anni 60 del secolo scorso Palinuro si popolò quindi di turisti francesi che arrivavano nei tucul di paglia del Club. E, attratti dalla fama crescente del luogo, arrivarono i primi italiani, di cui molti dal nord. Non era – ripeto – un turismo di massa, ma più propriamente un turismo di élite: Palinuro offriva esattamente ciò che quel tipo di turismo voleva.
Gli abitanti del luogo passarono da un’economia frugale basata sulla pesca e sull’agricoltura ad un’improvvisa e facile ricchezza. E questo fu un bene, ma anche un male. La fine della povertà infatti creò in molti la falsa convinzione che le ricchezze elargite generosamente dalla natura fossero sufficienti a garantire una vita agiata senza sforzo, senza preoccuparsi di offrire qualche servizio in più, e senza nemmeno preoccuparsi – cosa ancora più grave – di preservare la generosa ricchezza dell’ambiente. E molti, la maggior parte, non si accorsero che col passare degli anni, con l’aumento diffuso del tenore di vita, il turismo diventava sempre meno di élite e sempre più di massa e l’élite cominciava a pretendere, oltre alle bellezze naturali, dei servizi che Palinuro non sapeva offrire, mentre la massa, fruendo senza regola e controllo delle bellezze naturali, fatalmente cominciava a deteriorare proprio le ricchezze ambientali. Ci sono dei luoghi stupendi come Capri, Positano, le Cinque Terre, per citarne alcuni, la cui bellezza richiede dei sacrifici per essere goduta. Sono difficili da raggiungere, sono costosi, richiedono uno sforzo anche fisico per arrivarci e poi per essere goduti appieno. Quando non c’erano le strade anche Palinuro era così e andava benissimo per il turismo elitario di un tempo, che si accontentava dei soli servizi naturali.
Oggi non è più la stessa cosa. Palinuro è diventato un posto facile da raggiungere e facile da fruire, ma non è in grado di offrire, con le poche eccezioni di imprenditori illuminati, i servizi di livello medio-alto che sono richiesti dal turismo più qualificato. Va bene quindi per il turismo di massa, che si concentra purtroppo in non più di due mesi all’anno, quando la maggior parte degli operatori sono disposti ad offrire i servizi minimi di cui quel tipo di turisti si accontenta. I primi, gli operatori, sono contenti perché guadagnano con uno sforzo minimo di due mesi il necessario per vivere tutto l’anno; i secondi, i turisti, sono contenti perché con spesa contenuta riescono a godere e spesso ad abusare delle bellezze naturali che ancora resistono a questo assalto.
E’ evidente che questo modello non può reggere, perché non porta allo sviluppo, ma a un degrado lento e inesorabile. L'Italia è piena purtroppo di esempi di questo genere, di posti che hanno perso il loro fascino e che al massimo sono diventati meta di un turismo “mordi e fuggi”, che non porta benessere, ma solo degrado e deterioramento ambientale. Dobbiamo renderci conto che, mentre in passato, negli anni 50 e 60 del secolo scorso, la concomitanza di fattori ambientali e sociali aveva automaticamente creato una situazione ottimale per il turismo a Palinuro, dagli anni 80 in poi gli stessi automatismi, cambiati sia per motivi ambientali che sociali, stanno portando ad un progressivo peggioramento dello stesso. Quindi, se gli automatismi non funzionano più e anzi – peggio – agiscono in senso contrario agli auspici e alle aspettative, è necessario intervenire immediatamente per apportare le necessarie correzioni al sistema. L’iniziativa privata in questo campo riveste un ruolo determinante, ma essa non può essere lasciata a se stessa, perché, dato che, com’è giusto, essa persegue il profitto, meglio se immediato, non potrà e non vorrà apportare le giuste correzioni. Per fare un esempio reale, il ristoratore non ha molto interesse a tenere aperto il suo locale al di fuori dei mesi estivi, perché nella cosiddetta bassa stagione i suoi guadagni rischiano di non coprire le spese. D’altra parte, se il turista di bassa stagione non riesce a trovare un ristorante aperto a Palinuro, cosa che accade purtroppo frequentemente, egli non verrà più qui se non a luglio e ad agosto, con l’assurdo risultato che un luogo, dove l’estate climatica dura almeno sei mesi, vedrà ridotta la stagione turistica a meno di due.
Altro argomento in cui l’iniziativa privata non può essere lasciata a se stessa è quello della fruizione dei beni ambientali. Le spiagge di Palinuro sono belle, ampie e facili da raggiungere, la costa del capo è stupenda e le grotte belle e facili da visitare. Non è però possibile che questi beni vengano abbandonati all’uso o meglio all’abuso incontrollato di tutti. Per intenderci le spiagge vanno date in concessione agli operatori turistici a patto che essi garantiscano i servizi essenziali alla loro fruizione e al benessere del pubblico. Anche i tratti di spiaggia libera, che devono essere previsti per legge, devono essere dotati dei servizi igienici essenziali, che in questo caso devono essere assicurati dall’amministrazione pubblica. Sulla Costa Azzurra le spiagge, per la maggior parte libere, sono dotate di bagni e docce gratuiti offerti dalla Compagnie des Bains de Mer. Per quanto riguarda poi le grotte, non deve essere permesso a nessuno e in nessun caso l’ingresso con barche col motore acceso. Gli unici motori ammessi dovrebbero essere quegli elettrici. Oggi nessuno bada a questo e le grotte di Palinuro stanno morendo, perché il loro delicato ecosistema animale e vegetale è lentamente avvelenato dagli scarichi dei motori diesel.
Da tutte queste considerazioni derivano due punti fondamentali: 1) È necessario intervenire immediatamente; 2) L’amministrazione pubblica (Comune, Provincia, Parco Nazionale del Cilento, ecc.) deve farsi carico di interventi di tipo promozionale, orientativo e repressivo. Mentre il primo punto non richiede alcuna spiegazione, il secondo va certamente esplicitato.
Gli interventi promozionali si basano sulla pubblicità e sulla vendita di un pacchetto turistico Palinuro nelle opportune sedi nazionali e internazionali. In pratica il Comune dovrebbe nominare un responsabile che sia un operatore del settore esperto, anche assunto dall’esterno, pagato magari anche in base ai risultati, che sia in grado di promuovere l’offerta turistica nelle opportune sedi. L’offerta stessa non dovrebbe essere limitata al solo turismo balneare, ma allargata al turismo culturale, congressuale, gastronomico e agli eventi a tema. Non dimentichiamo che Palinuro ha un entroterra gravido di storia e di cultura, nonché di eccellenze alimentari (pensate solo all’olio di oliva pisciottana). Questo tipo di interventi dovrebbe favorire il prolungamento della stagione turistica, invogliando così gli operatori a prolungare l’apertura dei loro esercizi.
Gli interventi di tipo orientativo riguardano direttamente le concessioni che vengono date ai privati. Ad esempio le concessioni demaniali sulle spiagge devono essere subordinate alla garanzia che il concessionario offra uno standard di servizio che l’amministrazione deve indicare e deve far rispettare. Analogamente l’amministrazione dovrebbe farsi carico di fornire alle barche abilitate alle gite alle grotte appositi motori elettrici da usare obbligatoriamente per entrare nelle grotte stesse. O almeno, se la fornitura del motore elettrico non fosse consentita dai bilanci finanziari, l’amministrazione potrebbe offrire un incentivo e comunque dovrebbe subordinare la concessione all’installazione di un motore elettrico. Infine, per quanto riguarda i ristoranti, i bar e gli alberghi, la concessione delle licenze dovrebbe implicare l’obbligo per l’esercente di assicurare un periodo minimo di apertura di almeno sei mesi. Ciò ha sicuramente un senso ed è giustificato dagli interventi promozionali che saranno stati adottati per prolungare la stagione turistica.
Gli interventi di tipo repressivo sono facili da spiegare. Si adottino delle regole chiare e precise sull’uso delle spiagge, delle grotte, dei parcheggi, delle aree pubbliche nonché sulla gestione dei rifiuti. E soprattutto le si faccia rispettare infallibilmente e puntualmente, senza deroghe né indulgenze.
Noi riteniamo che, se queste semplici ricette saranno correttamente adottate, il sistema turismo a Palinuro non potrà che migliorare. Certo non torneremo al turismo di élite di cinquanta anni fa, che oggi non esiste più e non avrebbe senso, ma avremo un turismo di massa, ma nello stesso tempo di qualità, costituito da un pubblico numeroso che verrà qui a Palinuro per godere senza abusarne delle nostre bellezze, pagando il giusto per i servizi di qualità che sapremo offrirgli. Turisti che scopriranno come la nostra estate sia lunga, lunghissima, molto più dei due convulsi mesi del solleone e come la nostra ospitalità sia tornata ad essere molto più simile a quella che i nostri padri e i nostri nonni, pur nella loro povertà, sapevano offrire nel segno delle antiche tradizioni.
Paolino Vitolo
[1] Cfr. il periodico Hermes pubblicato a Palinuro, all’indirizzo web: http://www.hermes.campania.it/0312/tesori_dimenticati.htm