("ROMA - Il Giornale di Napoli" - 14 febbraio 2001 - pubblicato col titolo: "Campagne allarmistiche")
La notizia è di quelle da ricordare: millecinquecento scienziati (scienziati, non cipputi in tuta blu, né disoccupati organizzati) scendono in piazza a Roma per reclamare quello che potremmo definire “il diritto al proprio lavoro”, contro il decreto del Ministero dell’Ambiente, che vieta la sperimentazione sui cosiddetti OGM, cioè organismi geneticamente modificati. Francamente non ci interessa indagare quale logica ci sia dietro tale decreto ministeriale: è un problema che trascende la nostra comprensione. Preferiamo citare qualche fatto, sconosciuto ai più, ovviamente, perché non fa notizia e non fa tremare di sacrosanta preoccupazione i poveri ometti tutti uguali, che tanto più si preoccupano della propria vita, quanto più essa è insignificante.
Ad esempio, gli ometti di cui sopra certo non sanno che, se possono ancora mangiare un bel piatto di spaghetti al pomodoro senza pagare un prezzo da ristorante di lusso, lo devono proprio agli OGM. Sì perché il grano duro che serve per fare la pasta è geneticamente modificato (varietà “Creso”, precisamente, inattaccabile dai parassiti) e il pomodoro pure. E lo stesso avviene per decine e decine di prodotti agricoli, la cui resa e qualità superiori contribuiscono, anche se non completamente, purtroppo, ad alleviare la fame del mondo. Ma questo agli ometti non interessa: essi stanno attenti ai pericoli nascosti in ogni novità, anche se nel frattempo fumano tante belle sigarette cancerogene (non vietate, naturalmente).
E un atteggiamento simile si può notare nei riguardi della cosiddetta “mucca pazza” e del cosiddetto “uranio impoverito”, altri due argomenti in cui la disinformazione si accompagna, come sempre, all’allarmismo spesso ingiustificato. Il fatto è che, sull’onda dell’emozione del momento, le campagne allarmistiche fanno molta più presa sul pubblico di un’informazione pacata e razionale. Salvo poi a buttare tutto nel dimenticatoio, dopo che l’ondata è passata. Ricordate Chernobyl? Ricordate il divieto di utilizzare latte e latticini, perché contaminati dall’isotopo radioattivo del cesio? Oggi nessuno ne parla più, anche se il cesio ha un tempo di decadimento medio di diecimila anni e quindi il latte sarà troppo radioattivo per i prossimi dieci millenni!
Non sappiamo – ripeto – per quali oscure ragioni il ministro Pecoraro Scanio abbia voluto infliggere un sì duro colpo a un’importante branca della ricerca scientifica. Sappiamo invece che quest’ultima è la cenerentola d’Italia, costretta a vivere di stenti, a veder emigrare i propri scienziati migliori verso lidi più accoglienti, a contendere i magri incentivi a una cultura di stampo umanistico, bella ma anacronistica. Perciò ci piace la protesta degli scienziati, la loro presa di coscienza. L’Italia ha visto nascere i più grandi geni scientifici di tutti i tempi, ma tutti hanno dovuto lottare contro la forza bruta dei poteri retrivi e conservatori. Ma pure nella sconfitta, la fiamma della ragione è rimasta accesa. “Eppur si muove” disse Galileo, dopo essersi “pentito” davanti al tribunale ecclesiastico. E la terra, infatti, si muove e si è sempre mossa, a dispetto dei prepotenti, ma effimeri, sussulti del potere.