(IL MONITORE - dicembre 1999)
Forse non tutti ricorderanno l’origine di questo termine molto usato per designare la vittima innocente delle colpe altrui. Bene - il capro esisteva davvero e la sua funzione era addirittura codificata nel Talmud, il libro ebraico del Vecchio Testamento in cui, come diceva Ezra Pound, erano elencati, con vero spirito da bottegai, i delitti con le corrispondenti pene, quasi sempre pecuniarie. E quando le colpe erano proprio tante e non facilmente indennizzabili, con furbizia da rabbini si ricorreva al sacrificio di questa povera bestia, non prima di avergli scaricato sul groppone tutti i peccati della comunità, che ne usciva automaticamente e miracolosamente purificata.
In questo momento storico forse la palma di miglior capro espiatorio dell’anno spetta all’ex presidente del Consiglio, ex segretario del PSI, ex statista, ex professore Bettino Craxi, unico politico contemporaneo in esilio della nostra Repubblica, prima o seconda che sia. Intendiamoci! Non è che improvvisamente il personaggio ci sia diventato simpatico, né che abbiamo dimenticato le sue colpe, perché ne aveva, oltre agli indubbi meriti, anche se non più di tanti altri più fortunati; ma passiamoci la mano sulla coscienza! Chi di noi all’inizio della rivoluzione di Mani Pulite non godette in maniera forse un po’ vigliacca del modo in cui tutti i potenti cadevano uno dopo l’altro in disgrazia, sotto i colpi dei giustizieri del cosiddetto pool di Milano? Chi di noi, dopo aver sopportato decenni di ruberie, di soprusi, dopo essersi supinamente adeguato a un sistema sottile e perverso, dopo aver accettato come inevitabile il potere prepotente e volgare dei politici corrotti, dai ministri più eccelsi fino ai più oscuri sottopancia, non ha meschinamente goduto nel vederli andare uno dopo l’altro in galera, anche se solo per pochi giorni, o soltanto nell’ombra, dove almeno non potessero più ostentare la loro odiosa boria? E dopo l’orgia di Mani Pulite, dopo l’illusione della seconda Repubblica, li abbiamo visti ritornare uno alla volta, chi più chi meno: i più bravi o più fortunati addirittura in parlamento, i più sfortunati o più compromessi nelle pagine dei giornali, o in qualche dibattito televisivo; segno inequivocabile che nulla è ancora cambiato.
Tutti sono tornati, chi più chi meno, tutti tranne lui, Craxi, quello che in un certo periodo era diventato l’uomo più potente d’Italia. Viene da chiederci: ci sarà un motivo per questa disparità di trattamento, per questo accanirsi contro un unico uomo, quasi sia il simbolo della corruzione di un intero sistema. Ma è semplice! Anche se velato dagli opportunismi e dalle contingenze del momento, come quelli di D’Alema, che evidentemente vuole acquisire benemerenze e comprensione presso i suoi scomodi alleati, il motivo della persecuzione di Craxi è chiaro e lampante. Nel bene e nel male, anche se molti non l’avevano capito, esso costituì per anni il vero insormontabile baluardo che impedì al comunismo di andare al potere in Italia. Mancando lui, i comunisti, pur se mascherati e riciclati, pur se con i soliti rocamboleschi contorcimenti della complicata politica italiana, sono andati finalmente al governo; purtroppo. E i deludenti risultati sono sotto gli occhi di tutti. Per questo Craxi non può essere perdonato e, come ha detto Borrelli, deve essere trattato come un cittadino qualsiasi, quando sappiamo benissimo che in Italia anche i peggiori delinquenti godono del vergognoso garantismo assicurato proprio da quella Sinistra che non può e che non vuole perdonare un Craxi, e neanche un Craxi malato.
E in tutta questa babilonia di voci e di grida, di appelli e di condanne, con grande stupore dobbiamo registrare persino l’anatema di Scalfaro, ex presidente della Repubblica, cui soltanto l’alone di dignità conferitogli dalla massima carica dello Stato impedì di finire nel calderone comune di Mani Pulite.
Povero capro espiatorio! Alla faccia tosta non ci sono limiti neanche oggi, come ai tempi del Vecchio Testamento: questi ineffabili personaggi credono veramente di essersi mondati da ogni colpa, dopo aver sacrificato un simbolo, se non hanno la sensibilità di capire che in certi casi sarebbe meglio tacere.