(IL MONITORE - ottobre 2001)
Si è detto da più parti che le cosiddette marce della pace riescono bene solo se non ci sono guerre in atto. Giusta affermazione, anche se, considerando che c’è SEMPRE qualche guerra in corso in qualche parte del mondo, essa può sembrare piuttosto utopistica. Il problema si risolve, in maniera ingegneristica, con l’approssimazione: quando non c’è nessuna guerra dalle nostre parti o non c’è nessun conflitto che ci tocchi o ci interessi, allora siamo in pace e le suddette marce sono semplicemente idilliache, scampagnate di simpatici gitanti, che gridano al cielo la loro soddisfazione.
Se invece c’è una guerra, o meglio secondo la precedente definizione, c’è una guerra che ci tocca più da vicino, ecco che le marce riescono malissimo. Il motivo è molto semplice: non sono più manifestazioni PER la pace, ma CONTRO la guerra. E fin qui tutto bello e legittimo. Purtroppo però, se una guerra ci tocca e ci interessa, è perché più o meno consapevolmente abbiamo preso parte a favore di alcuni contendenti o – il che è lo stesso – a sfavore di altri. Quindi la marcia non è più per la pace, ma nemmeno contro la guerra: essa è contro qualcuno e – guarda caso – sempre e comunque contro l’America.
Lo scorso 11 settembre, anche se là per là non ce ne siamo accorti, siamo entrati in guerra. L’azione terroristica che ha provocato migliaia di morti a New York e a Washington deve considerarsi una vera e propria operazione bellica di sorpresa, paragonabile a quella di Pearl Harbour da parte dei giapponesi contro gli USA o anche di Taranto degli inglesi contro di noi, con l’aggravante che oggi siamo di fronte ad un attacco non contro obbiettivi militari, ma contro la popolazione civile e contro simboli della potenza degli Stati Uniti. E non siamo in guerra perché, bene o male, noi degli Stati Uniti d’America siamo alleati, ma perché la guerra dichiarata dai terroristi non è contro l’America, ma contro la nostra stessa civiltà, la civiltà occidentale, di cui gli USA - checché se ne dica - costituiscono il primo baluardo.
Ed ecco che qui casca l’asino. Per chi credete che parteggino quelli che normalmente hanno tempo e voglia di partecipare a marce, manifestazioni e accessori? Che cosa pensate che abbiano in mente quelli che organizzano tali eventi? Non certo il benessere e la concordia dei popoli, come sarebbe logico per chi si autodefinisce pacifista, ma l’odio strisciante verso l’America, verso chi inneggia alla libertà e al diritto, all’indipendenza, al lavoro, alla pace, alla possibilità di diventare ricchi con i propri sforzi, di vivere tranquilli, di sognare e creare un futuro migliore per i figli; concetti questi in cui gli USA credono fermamente, sui quali è basata la loro giovane Costituzione. E invece i nostri cosiddetti pacifisti, in nome di uno pseudo-marxismo strisciante, che cerca altri alleati ora che l’Unione Sovietica è morta, sono disposti a tollerare e giustificare gli orrori dei fondamentalisti, anzi dei fanatici islamici, in odio alla civiltà dell’America, che poi, inesorabilmente, è la nostra stessa civiltà. Tutta la fauna della sinistra, che infesta purtroppo il nostro mondo, si è mai interessata, ha mai manifestato contro le esecuzioni in massa, contro la sistematica oppressione della donna, contro la distruzione delle statue di Budda? No, mai! Si marcia adesso contro l’America, che ha osato reagire ai massacri di cui è stata vittima, che osa difendere la nostra stessa libertà minacciata, e – incredibile a dirsi - si bruciano per le strade di Torino i fantocci di Berlusconi, Bush e – bontà loro – di Bin Laden. E persino i nostri politici di sinistra, con i nomi e le facce rifatti, loro sì ansiosi di sdoganarsi di fronte al mondo intero, non hanno saputo sottrarsi al fascino, per loro irresistibile, di una bella manifestazione a base di “bella ciao” e di bandiere rosse.
Ci serva di lezione, a noi che ci siamo lasciati tentare dal buonismo della sinistra, dalle loro dichiarazioni di democrazia a tutti i costi. Sono sempre gli stessi. Ricordiamocelo, ora che siamo in guerra, perché lo siamo tutti – purtroppo – anche nelle nostre comode case e nelle nostre belle città e lo saremo fino a quando il terrorismo non sarà sconfitto. E in questa lotta non sono certo i pacifisti che ci aiuteranno, ma l’America, che già sta lottando per noi tutti: teniamolo bene a mente!