Non so che cosa abbia potuto pensare di noi Daniel Nigro, capo dei pompieri di New York, quando, ospite di “Porta a porta” di Bruno Vespa, ha dovuto, suo malgrado, assistere alla squallida zuffa all’italiana, che nemmeno la tragedia dell’aereo, precipitato a Queens non più di sei ore prima, è riuscita a risparmiarci. Vorrei, mi augurerei, che non abbia pensato nulla, che l’interprete simultaneo, collegato alla cuffia di Nigro, abbia avuto pietà di noi e non abbia tradotto alla lettera il vergognoso battibecco, cui alcuni personaggi pubblici italiani, privilegiati invitati del salotto di Vespa, hanno dato vita. Ma purtroppo l’espressione di genuina incredulità, che a un certo punto ha sostituito la mestizia sul volto del pompiere newyorkese, desideroso solo di tornare al più presto accanto ai suoi uomini, mi ha fatto intendere che egli aveva capito tutto.
Sì, Daniel, il fatto che tanto tempo fa un tuo avo abbia dovuto o voluto lasciare l’Italia, per cercare un futuro migliore, è stato per te una fortuna. Ora tu hai qualcosa che noi, dopo mezzo secolo di politica sconsiderata e suicida, abbiamo praticamente perso e che forse solo con fatica riusciremo a riconquistare: il senso di appartenenza a una nazione, l’orgoglio e la consapevolezza di essere, al di là delle inevitabili ed auspicabili differenze, un solo popolo, una sola patria. Voi, invece, pur essendo più di cinquanta Stati, siete un unico popolo, un’unica nazione, un’unica casa, un’unica home sweet home. E per questo non potete essere sconfitti.
Dio benedica l’America, Daniel, e salvi l’Italia, risparmiandole la prova adombrata dalle parole con cui Clarissa Burt ha gelato e tacitato la rissa invereconda: “Se vi capitasse quello che è successo a noi alle Tween Towers, continuereste ad essere di destra e di sinistra o diventereste finalmente tutti italiani?”