Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Gli ultimi fuochi
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(IL MONITORE - novembre 2001)

Nei mitici e lontani anni ’60 la benzina costava 100 lire al litro, con poco più di mille lire si mangiava in un buon ristorante e un operaio o un impiegato, quando andava in pensione, con la liquidazione si comprava la casa. Si viveva sereni e si facevano grandi progetti per il futuro, ci si comprava la Seicento, magari a rate, e, insomma, si era più felici: era il miracolo economico. Poi, alla fine del 1969, col finire del magico decennio, esso cominciò impercettibilmente a svanire. Ci furono le prime “conquiste” dei sindacati, come le famose cinquantamila lire nella busta paga dei metalmeccanici (una tantum, naturalmente), i nuovi contratti di lavoro, le nuove leggi a tutela dei lavoratori e diventammo tutti più poveri. Le aziende, invece di assumere, cominciarono a licenziare, se potevano, a chiudere, se non potevano, e imparammo nuovi termini come “cassa integrazione”, “mobilità” e così via. L’operaio o l’impiegato con la liquidazione non poterono più comprarsi la casa, ma al massimo un’automobile, se però non avevano debiti da pagare. Il miracolo economico era finito.
Ci chiediamo, a distanza di quarant’anni, come ciò sia potuto avvenire. La spiegazione può forse essere sintetizzata da una citazione di un certo onorevole (?) Paietta, famoso rappresentante del partito comunista dell’epoca: “Gli operai, se mangiano tagliatelle e vanno in automobile, non fanno la rivoluzione”. Fu così che i comunisti, sulla base di questo vergognosa dichiarazione, attivarono sia il proprio braccio armato (i cosiddetti extraparlamentari) per destabilizzare l’assetto politico del paese, sia il braccio sindacale (la cosiddetta “trimurti” al servizio del PCI) per destabilizzarne l’economia. L’Italia tornò indietro all’immediato dopoguerra e non solo le classi più deboli, ma anche la classe media furono risucchiate paurosamente al di sotto della soglia di povertà.
Oggi il comunismo è apparentemente finito, perché senza dubbio schiacciato da un’inappellabile condanna della storia, ma in Italia, pur non avendo più testa, conserva quei due bracci che distrussero il miracolo degli anni ’60: il braccio armato, travestito con involontario umorismo da pacifismo e antiglobalizzazione, il braccio sindacale, che invece è esattamente lo stesso di allora. La condanna storica del comunismo è coincisa in Italia con una prima vittoria nel 1994 del cosiddetto Centro-Destra, rappresentante proprio di quelle classi medie, che più erano state maltrattate e danneggiate dalla Sinistra. Allora, vuoi per inesperienza, vuoi per la lunga assenza dal governo del Paese, fu abbastanza facile abbattere dopo pochi mesi il governo del Polo di Centro-Destra legittimamente eletto dal popolo; l’operazione fu così fulminea, da meritare un termine appositamente coniato: “ribaltone”. In quell’occasione fu proprio il braccio sindacale del comunismo a scendere in campo, con ben due scioperi generali in poco più di un mese, provocati dal tentativo del primo governo Berlusconi di mettere ordine nell’annosa problematica delle pensioni, vera bomba a orologeria del sistema italiano.
Il nuovo governo della Casa delle Libertà, da cui abbiamo oggi la fortuna e il privilegio di essere amministrati, sembra invece molto meglio attrezzato di quello della sfortunata edizione di sette anni fa. Nonostante le terribili difficoltà oggettive (il terrorismo e la guerra) che sembrano accanirsi con particolare virulenza contro la nostra nazione e contro il resto del mondo civile (di cui grazie a Dio facciamo parte), esso sta superando brillantemente anche le prove più difficili, accrescendo addirittura il prestigio dell’Italia. Ma più che le difficoltà oggettive, sono state quelle artatamente provocate dai due bracci superstiti del comunismo a creare i problemi più gravi. Al G8 di Genova, il braccio armato, travestito da pacifismo, provocò disordini di una virulenza inaudita, il cui bersaglio non era evidentemente la globalizzazione del pianeta, ma piuttosto l’odiato governo Berlusconi. Oggi che questo governo si appresta a varare i primi provvedimenti nel campo del lavoro e delle pensioni, atti a innescare quel nuovo miracolo economico, la cui possibilità fu annunciata dallo stesso Governatore della Banca d’Italia Fazio all’indomani della vittoria della coalizione di Centro-Destra, il braccio sindacale affila le armi nella speranza di provocare una seconda edizione del ribaltone.
Ma questa volta non sarà così: gli italiani hanno capito e non si lasceranno sopraffare e, proprio per questo, mentre cresce il consenso intorno alla Casa delle Libertà, la stessa trimurti sindacale si presenta divisa e indecisa. I bracci del comunismo, la cui testa è stata recisa, continuano ad agitarsi come code di serpente separate dal corpo: sono gli ultimi fuochi di un’ideologia superata e sconfitta. Non sarà facile estinguerli definitivamente, ma il premio promesso, una nuova era di giustizia e prosperità, giustifica la lotta che ancora ci attende.


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