(IL MONITORE - maggio 2002)
E’ molto difficile dare un giudizio sulla gravissima crisi del Vicino Oriente, dove Arabi ed Israeliani si stanno sbranando con una ferocia che rasenta l’insensatezza. Ci mancano gli elementi e le conoscenze della catena di avvenimenti che negli ultimi sessant’anni ha fatto crescere l’odio in maniera parossistica. Al massimo possiamo dire che questo è il risultato finale dell’ennesima stupidata anglosassone, dell’aver cioè pensato di poter dare una patria agli ebrei a spese della patria di altri. Per i suddetti motivi, i nostri sentimenti nei riguardi dei tredici arabi, asserragliati da oltre un mese nella Basilica della Natività di Betlemme, e ora liberati, sono assolutamente neutri: non riusciamo a parteggiare né per loro, né per i loro nemici israeliani.
E’ però lecito prendere posizione, quando, dovendo alla fine risolvere il problema di questi tredici signori, veniamo a sapere che qualcuno aveva pensato che essi potessero essere ospitati proprio in Italia, conosciuta universalmente come il “refugium peccatorum” per eccellenza. Esaminando il “curriculum vitae” di questi arabi, scopriamo subito un denominatore comune che li accomuna: essi sono dei pericolosi terroristi e, quel che è peggio, nessuno li voleva. Se, tutti, fossero venuti in Italia, non sarebbero potuti restare a piede libero, perché probabilmente pericolosi, ma non avrebbero potuto neanche essere arrestati, non avendo commesso alcun reato nel nostro Paese. Per questi motivi ci sembra molto saggia la posizione del governo, autorevolmente espressa sia da Berlusconi che da Fini, che ha rifiutato di concedere asilo ai terroristi di Betlemme ed ha richiesto la partecipazione di tutta l’Europa per trovare una soluzione al problema; soluzione che infatti è stata trovata.
Ci stupisce, in tutto questo, l’atteggiamento dell’opposizione, che, con una monotonia ormai scontata, non sa far altro che criticare, dicendo che una cosa simile è potuta accadere perché siamo da troppo tempo senza ministro degli Esteri. In verità, l’evidenza dei fatti dice il contrario: una brutta cosa NON è accaduta, proprio perché il ministro degli Esteri ce l’abbiamo, ad interim, ma ce l’abbiamo. Fosse stato per loro, adesso ci saremmo presi in casa quelle belle tredici patate bollenti e magari avremmo organizzato conferenze, festeggiamenti e dibattiti in loro onore. Proprio come avvenne ai tempi del terrorista curdo Ocalan, che ospitammo con tutti gli onori, anche urtando la suscettibilità della Turchia, nostro alleato, e senza curarci delle notevoli perdite della nostra economia, a causa delle ritorsioni turche contro le importazioni dall’Italia.
Ma allora erano altri tempi e c’era un governo che oggi, grazie a Dio, non c’è più. Le cose sono cambiate, e molto, e anche questo è un segno della ventata di rinnovamento che sta trasformando il nostro Paese, rendendogli il posto che gli compete nel contesto europeo e di tutto il mondo civile.