(IL CERCHIO - luglio-agosto-settembre 2002)
Gentile Signora Iervolino,
mi perdoni il ritardo con cui le scrivo questa lettera. Forse ella non sa, infatti, che il suo predecessore sulla poltrona di primo cittadino di Napoli, Antonio Bassolino appunto, era aduso a ricevere una mia lettera aperta pressappoco una volta al mese. Ed era anche aduso ad ignorarla, cosa che spero non farà anche lei, che immagino stia sfogliando in questo momento le pagine de “Il Cerchio”, da cui ho l’onore di essere ospitato.
Da quando, nell’ormai lontano 1994, Bassolino dette inizio al “nuovo rinascimento” più di se stesso che di Napoli, noi oppositori politici ci sforzammo – cosa non facile – di giudicare con obiettività l’operato di quell’uomo, indubbiamente di rara callidità, che aveva comunque la fortuna di essere appoggiato incondizionatamente dai poteri forti e dalla stampa più influente.
Come ben sa, a Napoli e in Campania non si muove foglia senza l’approvazione del “palazzo” e, se non si è in qualche modo legati alla lobby di Bassolino, non si lavora, non si conta, non si parla nemmeno. Anche lei, lo ammetta, fu eletta perché fu letteralmente portata per mano da quello che, basandosi essenzialmente sull’apparenza e sul bluff, è diventato l’uomo più potente di Napoli, una specie di nuovo sant’Antonio. Ma mentre Bassolino, curando almeno le apparenze, riuscì ad inventarsi il cosiddetto “nuovo rinascimento”, mi pare invece che lei – mi perdoni l’ardire – non stia facendo nemmeno quello.
Certo i problemi di Napoli sono tanto grandi, da far tremare il più bravo amministratore; è ben chiaro a tutti che non basta il tempo di una o due legislature per risolverli: quindi la tentazione di lasciar perdere la sostanza, che porterebbe gloria forse soltanto a lontani successori, a favore di un’apparenza inutile, ma sicuramente più redditizia per l’amministrazione del momento, deve essere fortissima per lei, come lo è stata, in maniera determinante, per Bassolino.
E fu così che un oscuro funzionario di partito, di un’oscura sezione comunista di Afragola, divenne – novello Masaniello – prima sindaco, poi ministro, poi addirittura governatore. Ben altro è stato il suo cursus honorum, la sua esperienza, il suo spessore culturale e politico. Ci saremmo perciò aspettati il coraggio di iniziare quella lenta opera di ricostruzione della città, difficile e ingrata, che la esporrebbe a critiche e a delusioni, ma che sola ci può dare la speranza di rivedere finalmente Napoli capitale, Napoli città europea, Napoli centro del Mediterraneo.
In questi giorni torridi di un’estate precoce Napoli è senza acqua. Solo di notte e non in tutti i quartieri – ribatterà lei, che però, pur essendo il sindaco di questa città, non è in grado di dirci quanto durerà l’emergenza e convoca il potente barone padrone degli acquedotti, anch’egli uomo del presidente, per avere spiegazioni. Ai tempi dell’odiato e vituperato sindaco Achille Lauro, che la vostra parte – signora Iervolino – continua a citare come esempio di malcostume e demagogia, queste cose non succedevano. Dai rubinetti (lo ricordo bene, anche se ero poco più che bambino) scorreva la fresca e limpidissima acqua del Serino, così pura che tutti ce la invidiavano. Poi negli anni successivi abbiamo dovuto conoscere purtroppo le acque del Biferno e dell’acquedotto campano, e abbiamo dovuto lottare con il calcare e con i rubinetti intasati. Si dirà: oggi siamo molti di più. Non è vero: Napoli è l’unica città in cui la popolazione non è aumentata, perché chi può da Napoli scappa, purtroppo.
Eppure oggi, nel 2002, siamo senz’acqua, perché l’acquedotto è un fatiscente colabrodo e nessuno, neanche il grande Bassolino, suo predecessore, ha saputo ordinare al barone delle acque quegli interventi di manutenzione, che qualunque città “normale” e civile esegue regolarmente, senza pubblicità e senza strombazzamenti (e forse il problema è proprio questo). Sappiamo, gentile signora, che il suo “pallino” è la sistemazione dell’area di Bagnoli. Lodevole intento, ma non crede che sarebbe meglio incominciare la ricostruzione della città dalle cose più elementari, quelle che toccano i bisogni primari del popolo, come l’acqua, piuttosto che cercare ad ogni costo il colpo ad effetto da pubblicare sui giornali di tutto il mondo? Anche perché nemmeno sulla questione di Bagnoli, che le sta tanto a cuore, la sua amministrazione ha dimostrato di essere un fulmine di guerra, riuscendo a deliberare soltanto due interventi preliminari: l’acquisto del suolo dell’ex Italsider e la costituzione della società Bagnoli Futura. Ci sembra un po’ pochino, anche per un’amministrazione comunale che brilla purtroppo per la sua inefficienza, con solo 103 delibere approvate in un anno, a fronte, per esempio, delle 223 di quella di Roma, retta dal suo collega e compagno di coalizione Veltroni.
E allora, gentile signora, mi consenta di rivolgerle una preghiera. Pensi prima alle cose più concrete, più prosaiche e meno strepitose. Faccia pure dei bei progetti per Bagnoli, ma, per favore, non ci riduca alla sete.