Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Dieci anni sono passati... o no?
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(IL CERCHIO - maggio 2004)

Dieci anni fa, quando nacque Il Cerchio, il primo articolo che scrissi e che ebbi l’onore di veder pubblicato, trattava di un argomento molto modesto, quasi indegno di una rivista culturale e politica come la nostra: il titolo del pezzo era infatti “Senza ‘saettelle’ non c’è speranza”. La parola napoletana “saettella” può essere tradotta in italiano come “tombino”, ma, come spesso accade quando si abbandona il vernacolo, se pure si riesce a salvare la mera identificazione dell’oggetto implicato, si perdono gran parte dei messaggi reconditi e subliminali, che accompagnano il più colorito linguaggio popolare. Tombino infatti somiglia a tomba ed ha perciò un sapore quasi sacrale; la saettella invece è una cosa sporca, in cui si gettano quasi per nasconderle le immondizie e le brutture che non vogliamo più vedere. E sarà proprio per questo che i tombini di Napoli sono saettelle, cioè sono sempre sporchi ed anzi otturati e quindi non riescono a fare il proprio mestiere, che sarebbe quello di scaricare l’acqua piovana, impedendole di allagare le strade durante gli acquazzoni, che a Napoli nei cambi di stagione sono particolarmente feroci. Le saettelle erano otturate dieci anni fa e lo sono ancora adesso; per questo ci aspettiamo che, quando la primavera si deciderà ad arrivare, avremo qualche bello allagamento e qualche crollo di strada: ordinaria amministrazione.
L’articolo sulle saettelle fu il primo di una lunga serie di pezzi indirizzati a mo’ di lettera aperta al sindaco di allora Antonio Bassolino, che aveva appena vinto il confronto con la Mussolini e che avrebbe trionfalmente vinto per il suo secondo mandato quattro anni dopo. Seguì poi quello sulla “cravattopoli” di D’Alema, generosamente rifornitosi di eleganti cravatte dal famoso Marinella, e poi ancora una serie di lettere un po’ ironiche e un po’ sferzanti, che non volevano soltanto criticare il sindaco, che pure i roboanti media nazionali avevano fatto quasi santo, ma speravano, forse troppo ottimisticamente, che egli comprendesse che la sua politica dell’apparenza non avrebbe portato a nulla di buono per la città. Furono articoli per lo più ironici, e qualche volta anche tristi, come quando l’11 giugno 1997 alle 11,45, alla salita Arenella, una pallottola vagante di una sparatoria di camorra (evento usuale allora come oggi), per colmo di sfortuna uccise sul colpo una giovane mamma che stava andando a prendere a scuola il suo figlioletto di quattro anni. Si chiamava Silvia Ruotolo, …ma chi se ne ricorda più?
Da allora tanto tempo è passato, ma a Napoli, se qualcosa è cambiato, è solo che tutti noi abbiamo perso la speranza che si possa migliorare. Bassolino, che non è uno stupido (tutt’altro!), sapeva benissimo che il compito era troppo grande anche per un santo eletto a furor di popolo. Un solo uomo avrebbe potuto solo iniziarlo, e non ne avrebbe tratto né gloria né riconoscenza. Altri, forse dopo generazioni, avrebbero potuto completare l’opera, accreditandosene il merito, ma per iniziarla ci sarebbe voluto veramente un santo, ma un santo vero, e il nostro uomo non ne aveva e non è ha alcuna vocazione; e non gliene si può fare un rimprovero. Lo dimostrò ampiamente quando abbandonò Napoli una prima volta per fare il Ministro del Lavoro, deludendo i suoi stessi amici, e quando poi assunse il governo della Regione, che detiene ancor oggi – dobbiamo dire – con stile immutato.
Iniziammo dieci anni fa parlando di saettelle, cioè di immondizie e rifiuti abbandonati nei tombini. Ci ritroviamo oggi con montagne di rifiuti abbandonati nelle strade, non tanto a Napoli (almeno per ora), ma in tutta la regione. Sarà un caso, ma allora Bassolino era solo il sindaco di Napoli; oggi invece è il governatore della regione Campania. Non è un caso però che il problema delle discariche fosse ben noto anche ai tempi in cui il governatore era il presidente Antonio Rastrelli, che giustamente si prodigò perché fosse realizzato il cosiddetto termovalorizzatore di Acerra. Ma allora ci fu qualcuno, che spinto da interessi di parte o (come ebbi a scrivere in un vecchio articolo sul “Roma”) da sfrenata bramosia di potere, preferì scatenare la piazza pur non di non far decollare il progetto. Con il risultato che oggi il problema è addirittura peggiorato o, per meglio dire, incancrenito, e non c’è bisogno di un grande sforzo né di grandi bugie per scatenare il malcontento popolare. E Bassolino, il presidente plebiscitariamente eletto, che cosa fa in tutto questo? Come sempre, quando si accorge che il problema è troppo grande, egli si astiene semplicemente dall’affrontarlo. Sa benissimo che non potrebbe risolverlo con le chiacchiere e che non ne ricaverebbe quindi alcun lustro mediatico. E’ per questo, che pochi giorni fa, in un giornale radio del mattino, lo abbiamo sentito dichiarare candidamente che nessuno meglio di un uomo al di sopra delle parti, come l’ex prefetto Catenacci, potrà risolvere il problema dei rifiuti in Campania. Lo ha detto personalmente, con la sua dizione di sempre e con lo stesso accento di allora. Anche in questo gli ultimi dieci anni sono forse passati invano.


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