Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Campania, monarchia assoluta
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(IL MONITORE - settembre 2004)

Quasi duecento anni fa, nel 1815, il primo ministro austriaco principe von Metternich pronunciò al Congresso di Vienna la famosa frase: “L’Italia è un’espressione geografica”. Solo pochi decenni dopo quell’affermazione boriosa fu smentita dai fatti: l’Italia, bene o male, era diventata un unico Stato sovrano. Forse in odio alla monarchia dei Savoia, che, pur con notevoli errori e inopportuni soprusi, era riuscita a coronare il sogno risorgimentale dell’unità italiana, l’Assemblea Costituente, che sessant’anni fa fu incaricata di riscrivere la legge fondamentale della nazione sconfitta e lacerata, decise di mettere in discussione quell’unità, istituendo le Regioni. La disposizione della Costituente non fu applicata subito e fu anzi osteggiata con tutte le forze proprio dai partiti di destra, ma alla fine, nel corso degli anni ’70, l’istituto regionale sembrò andare a fagiolo al ferreo sistema politico e clientelare che si era ormai costituito e le Regioni divennero realtà. Con quale utilità per il cittadino, lo sappiamo bene. Possiamo dire che, nella maggior parte dei casi, esse servirono e servono tuttora solo per elargire posti di lavoro, consulenze, prebende ai vari protetti e compari dei politici, in cambio di voti e servizi vari. Tutto secondo il collaudato sistema italiano, che neanche la tempesta di “mani pulite” riuscì a scalfire, come allora ci eravamo illusi. La Campania ovviamente fa parte della “maggior parte dei casi”, anzi il suo presidente Bassolino è riuscito a raggiungere e a superare l’eccellenza nella gestione del sistema perverso, al punto di attirarsi le critiche dei suoi stessi “compagni” di partito e persino di un giornalista comunista oggi di moda, come Giampaolo Pansa. A tutti gli effetti la Campania costituisce un piccolo stato indipendente: forse la nemesi storica ha creduto in questo modo di offrire una sorta di risarcimento al nucleo centrale di quel Regno delle Due Sicilie, che solo col tradimento fu malamente annesso dal Piemonte, facendo così nascere la secolare “questione meridionale”. Si tratta, com’è ovvio, di un risarcimento anomalo, anzi grottesco, perché la Campania è uno Stato da operetta. Vediamo perché.
Il principale prodotto regionale è l’immondizia: ne produciamo circa due milioni e mezzo di tonnellate l’anno, cioè quasi 450 chili a testa, e, siccome non siamo in grado di trasformarla in energia elettrica, come si fa negli altri paesi civili, la esportiamo. Uno dei principali paesi importatori della nostra immondizia è la Germania, ma, come è logico aspettarsi data la qualità della merce, non è essa a pagarci, ma siamo noi che paghiamo profumatamente un tanto al chilo i treni di spazzatura che siamo costretti a mandare lassù. E pensare che ai tempi del governatore Rastrelli, quando la Campania era solo una Regione e non uno Stato da operetta, era già stata deliberata la costruzione di ben cinque “termovalorizzatori” (poi ridotti a due per economia di scala), che non furono realizzati perché c’era qualcuno che, per fregola di potere, scelse di “ribaltare” il governo regionale liberamente e democraticamente eletto dal popolo. Oggi invece dobbiamo vedercela con le sommosse di Montecorvino Rovella o di Acerra, o di tutti gli altri paesi che vogliono sì sbarazzarsi dei rifiuti, ma purché siano altri a sciropparseli. E purtroppo c’è sempre qualche idiota pronto a cavalcare la tigre di un malcontento popolare spesso aizzato ad arte per squallidi motivi elettorali. Lo Stato da operetta Campania ha poi, come si conviene, le proprie rappresentanze all’estero. Che ci importa dello Sportello Italia o dell’Istituto del Commercio Estero e di tutti gli organismi nazionali, creati proprio per presentare tutta l’Italia? Noi abbiamo la nostra bella sede di New York, perfettamente inutile, ma pagata con i nostri soldi, cioè con i soldi dei cittadini. E, a proposito di soldi, il nostro Stato da operetta non ammette ingerenze quando si tratta di assumere consulenti. Ce ne servono tanti, anche se non si capisce per fare cosa, perché è lecito e giusto attingere tra le migliori intelligenze della società civile per risolvere brillantemente i problemi. Peccato solo che per poter lavorare come consulente in regione Campania non sia sufficiente essere bravi (anzi non è nemmeno necessario). Basta appartenere al gruppo giusto, che poi fa capo rigorosamente al governatore Bassolino; per gli altri non c’è nulla, nemmeno le briciole. E la stessa cosa vale per i dipendenti regionali. Per tutti basti l’esempio dello scorso agosto, quando, approfittando della chiusura estiva, sono stati promossi dirigenti nell’Avvocatura regionale ben sette avvocati che pure non avevano superato il relativo concorso. Il trucco usato è stato quello di promuoverli in un altro settore (dove non erano stati bocciati) e ritrasferirli subito dopo all’Avvocatura, portando così il numero di dirigenti alla proporzione di uno per ogni tre avvocati: quasi da “Ragazzi della via Pal”, dove erano tutti generali e c’era un solo soldato.
È proprio vero: questo è uno Stato indipendente, anzi una monarchia assoluta. Da far impallidire quella dei Borboni, naturalmente prima che il povero Francesco II concedesse la costituzione!


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