(IL MONITORE - gennaio 2006)
Non si finisce mai di imparare. Fin da bambini ci avevano insegnato che non c’è mezzo più sicuro del treno, che è meglio non prendere la macchina, non solo pericolosa, ma anche molto inquinante e dannosa per l’ambiente, ed ora improvvisamente scopriamo che non è così. Se questa rivelazione ce l’avessero fatta dei poveri cafoni meridionali, come quelli che ogni tanto bloccano le esauste discariche della nostra disgraziata regione, avremmo avuto dei ragionevoli dubbi. E invece a tuonare e a manifestare contro il treno ad alta velocità sono dei nordici D.O.C., dei civilissimi piemontesi, abitanti della Val di Susa, una delle più importanti delle Alpi Cozie, percorso privilegiato verso il valico del Fréjus e la Francia.
È proprio vero che tutto il mondo è paese: è molto facile eccitare egoismi e suscitare paure irragionevoli. Non sappiamo chi sia stato per primo a mettere in testa ai valsusini che il TAV è pericoloso per il delicato ambiente montano in cui essi vivono, ma certo è stato molto facile svegliare una tigre che probabilmente qualche amministratore locale ha pensato di cavalcare per accrescere la sua popolarità. E la tigre, com’è ovvio, non si è lasciata cavalcare ed è sfuggita al controllo. Infatti, questi movimenti di tipo popolar-ecologico sono come il miele per le mosche e gli altri insetti che ronzano al di là della sinistra ufficiale, insetti che hanno i nomi più disparati, ma che per comodità chiameremo semplicemente no-global. In verità non sappiamo se costoro abbiano qualche attività o qualche impegno, perché, ogni volta che c’è l’opportunità di fare qualche bella manifestazione violenta, sono sempre pronti a partire dai loro luoghi di residenza per andare a far degenerare le proteste dei cittadini, che, pur essendo sprovveduti e manovrabili, non sono certamente violenti. E così nascono gli scontri con la polizia, le barricate, i lacrimogeni e tutto il resto, e, se la cosa riesce veramente bene, ci scappa pure il morto, come successe al G8 di Genova. E il morto è una vera fortuna per questa gente, perché su un morto essi ci campano (scusate il bisticcio blasfemo) per anni e anni a venire. Per farla breve, nel caso della Val di Susa, c’è voluto niente meno che un appello del presidente Ciampi, per riportare una parvenza di ragione tra i manifestanti e soprattutto per far ritirare in buon ordine quegli amministratori locali che pensavano di pescare nel torbido.
Il risultato finale di questa ignobile farsa è che, come al solito, l’Italia si è dovuta vergognare nel contesto internazionale. La linea del TAV contestata è infatti parte del corridoio europeo che unisce l’ovest con i paesi emergenti dell’est. Essa sarà foriera di traffici e di benessere e costituirà una salvaguardia per l’ambiente, ora realmente minacciato dal pesante traffico su gomma necessario per assicurare con difficoltà quegli scambi che con il TAV saranno facilissimi. In Francia i lavori sono già iniziati, da noi dobbiamo aspettare ancora i bizantinismi di una commissione che giudicherà dell’”impatto ambientale” dell’opera. Ogni ulteriore commento è superfluo.Del resto, basta dare uno sguardo ad un passato neanche troppo lontano e soffermarsi a leggere le nostre bollette per l’energia elettrica, per avere un’ennesima conferma della nostra stupidità. Uno sciagurato referendum contro l’energia nucleare fu pilotato, sfruttando la paura di Chernobyl, e ci condannò ad una penuria energetica da cui non ci solleveremo se non tra venti o trent’anni (se oggi decidessimo di tornare al nucleare, ovviamente). Oggi paghiamo a caro prezzo l’energia elettrica prodotta all’estero con centrali nucleari che, per ironia della sorte, sono vicinissime ai nostri confini, proprio a quella Val di Susa che oggi si agita tanto per un innocuo treno.Ma almeno in questo caso una giustificazione c’è. Narrano le storie non scritte che l’allora presidente del Consiglio, la buonanima di Bettino Craxi, dovette caldeggiare la scelta antinucleare per poter godere i favori di una signora, moglie di un famoso ambientalista dell’epoca, che in questo modo venne ripagato delle “corna” presidenziali. Come disse il buon Machiavelli: il fine giustifica i mezzi.