Paolino Vitolo, consulente informatico, webmaster, ITC 	consultant, giornalista, scrittore.Domenica di aprile a Palinuro
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(Corriere del Mezzogiorno - 17 aprile 2007)

Fiume Lambro (detto anche Centola) in località Isca S.Stefano - PalinuroDomenica 15 aprile: primavera inoltrata, anzi quasi estate. Siamo a Palinuro, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, là “dove la natura è protetta”, come recita lo slogan del Parco. Il tempo è bello e decidiamo di uscire per mare; una breve passeggiata, senza fare il bagno, perché l’acqua è ancora fredda. Non ci sono altre barche oltre alla nostra: è ancora troppo presto e l’invasione dei gommoni e dei cabinati non è ancora iniziata. Eppure ci troviamo a solcare enormi macchie di schiuma biancastra, anzi decisamente sporca. “E’ stato il mare mosso dei giorni scorsi” ci dicono. Ma il mare non fa schiuma quando è pulito e ci chiediamo chi può averlo ridotto così, se la stagione non è ancora incominciata.
Torniamo a terra e optiamo per una passeggiata ecologica, ma l’ora è tarda e siamo un po’ stanchi. Perciò scegliamo un percorso facile facile, tutto in piano: risaliremo il corso del Lambro, uno dei due fiumi di Palinuro (l’altro è il Mingardo), partendo dal ponte del bivio di Centola, là dove due secoli fa Gioacchino Murat voleva tagliare la collina di sabbia, che separa il fiume dal mare, per trasformare il capo Palinuro in un’isola.
Purtroppo però ci rendiamo conto che la sfortuna forse ci perseguita, perché dopo pochi metri ci accorgiamo che il sentiero non è dei più “ecologici”. Sembra di stare in una discarica: frigoriferi e lavatrici arrugginite, vecchi pneumatici, bidoni pieni di strane sostanze vischiose indurite dal sole, rifiuti vari che il fiume lambisce, trasportando a mare i liquami, nelle acque della Marinella, dove un paio di millenni fa la flotta romana si ancorava per rifornirsi di acqua dolce. Capiamo perché il mare era coperto di schiuma pur in assenza di barche. Ma le sorprese non sono finite: malamente occultati da fronde di palma, notiamo mucchi di eternit frantumato. In parole povere, amianto! Questo è decisamente troppo: delusi e scontenti ritorniamo indietro.
Ci diranno che non ci sono evidenze mediche e scientifiche che l’amianto sia dannoso se non per inalazione, ma questo non ci conforta, se uno dei luoghi più belli del Parco del Cilento sembra diventato una discarica di rifiuti cosiddetti speciali e quindi pericolosi. Invece di proteggere la natura, come recitano tutti i cartelli sparsi dappertutto, si fa di tutto per sporcarla, mortificarla, distruggerla. Non sappiamo chi siano i responsabili di questo scempio, né ci interessa conoscerli, ma pretendiamo che, chi istituzionalmente ha il dovere di proteggere quest’angolo di paradiso, lo faccia con diligenza e puntualità. E ci piacerebbe pure che il Parco del Cilento e del Vallo di Diano non fosse il solito carrozzone messo in piedi per elargire favori e raccattare consensi elettorali.
Ma forse questa è solo una stupida, donchisciottesca speranza.


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